Da comunicatore a storyteller, la storia di Pierreman

Il  viaggio di Pierreman - Storytelling

Scegliere lo storytelling come approccio comunicativo è un argomento del quale ho parlato varie volte nel mio blog e su questo magazine; il tema mi appassiona e rappresenta una sfida creativa che ho deciso di cogliere e di divulgare per alcune buone ragioni.
La ragione principale è che le imprese oggi stanno comprendendo di poter essere fonte e al contempo produzione di contenuti, di poter diventare cioè editori autorevoli attingendo al ricco patrimonio di aneddoti, esperienze e informazioni che costituiscono la storia aziendale.
Queste storie rappresentano la spinta propulsiva del nuovo marketing dei contenuti fondato sull’interazione, sulla relazione emozionale con i consumatori e sono anche un elemento strategico di programmazione perché spingono al cambiamento.

Le imprese si stanno progressivamente trasformando in media, trascinando con sè in questa evoluzione il ruolo delle PR e della comunicazione di marca.
Come possono le storie migliorare i siti web, le e-mail, le newsletter, i social media e qualsiasi altro materiale destinato al marketing, alla promozione e alla comunicazione aziendale?

Ho pensato che forse potrebbe piacervi questa storia che ho scritto per voi.

Il viaggio di Pierreman.

Come ogni mattina Pierreman si alzava sforzandosi di avere un atteggiamento positivo, si concentrava cinque minuti sul personaggio di Don Draper, il direttore creativo dell’agenzia pubblicitaria di una famosa serie tv, così dannatamente misterioso e di successo e cercava di ritrovare l’energia del primo giorno.
Quel primo giorno di lavoro lui se lo ricordava bene perchè si sentiva come un pattinatore sul ghiaccio, acrobatico con stile: lo stesso carattere che riversava nel suo lavoro. Dicevano di lui che aveva buone idee sorrette da una scrittura fluente, persuasiva ed elegante, al punto da rendere appetibili anche i peggiori rapporti aziendali, ed erano le qualità che l’avevano introdotto a tempo indeterminato nel team dell’area comunicazione.
Si sa, le cose cambiano, lui aveva perso lo spirito e la grinta quasi euforica di quei primi anni e poi c’erano le pressioni del settore marketing che gli rendevano la vita impossibile.
La concorrenza era forte, il mercato era cambiato e lo era anche il suo pubblico, distratto, evoluto, smaliziato e non riusciva più a rivolgersi a loro nel modo giusto, quello che prima lo aveva reso un comunicatore di successo. La testa delle persone era diventata per lui una cittadella fortificata.

Pierreman - storytelling

Si sentiva agli sgoccioli… Un’idea che cercò subito di allontanare dai suoi pensieri dicendo a sè stesso che doveva esserci un modo per superare le fortificazioni di un pubblico assuefatto e annoiato dal bombardamento mediatico e pubblicitario. Serviva una connessione diretta, una spinta all’empatia, un cavallo di Troia.
Pierreman mi raccontò questa cosa un giorno che lo incontrai per caso in stazione, mentre si accingeva a prendere il solito treno per il solito viaggio di lavoro.
I viaggi di lavoro era diventati una routine per lui, forse per questo era molto organizzato.
Nella prima mezz’ora di viaggio, appena sistemate le sue cose, si leggeva sul suo iPad le notizie del giorno, quelle che magari la mattina non aveva approfondito, poi rispondeva alle mail e sbrigava qualche incombenza, una telefonata di lavoro, un sms, un post su Facebook in cui metteva la sua foto in viaggio attendendo con trepidazione i commenti degli amici.

Quel giorno a Modena salì un ragazzo con i Rayban, che il caso vuole si sedette proprio vicino a lui. Il tipo sembrava un po’ inquieto e si capiva che voleva attaccar bottone. Di norma in questi casi lui si fingeva occupatissimo, ma quel giorno era stanco e pensò di chiudere gli occhi.
Il ragazzo con i Rayban, annoiato, tirò fuori il suo smartphone e cominciò a giocherellarci. Lui diede solo una sbirciatina ma fu sufficiente perchè l’altro gli dicesse “le piace”? mostrandogli foto di grossi truck colorati, in posa come modelle.
“Mah… si… notevoli ‘sti bestioni! li guida lei?” “Si, sono un autista, sono appena tornato da un colloquio alla New Holland… eh sa, di questi tempi bisogna darsi da fare”.
Il ragazzo coi Rayban era un tantino logorroico e dopo dieci minuti gli stava raccontando i progetti della sua vita, di lui che a breve si sarebbe trasferito a Reading nel Regno Unito, dove stava suo cugino.
Pierreman pensò “rieccoci con il mito intramontabile del cugino che sa far tutto” e infatti quello, a detta del ragazzo, dopo aver viaggiato per anni solo per affari,  aveva mollato tutto e con i soldi guadagnati  prima aveva fatto l’autista, il cameriere e poi si era aperto un ristorante.
Il ragazzo coi Rayban sembrava avere una smisurata considerazione per questo cugino intraprendente che adesso, oltre avere dei dipendenti, si era anche comprato una bella  casa, aveva un compagna inglese e a casa sua teneva lezioni di cucina tradizionale abruzzese.
“Cucina tradizionale abruzzese? pensò Pierreman, ma che cavolo…?”” ehh si” disse il ragazzo coi Rayban, “è tornato al paese, si è preso una certificazione, si fa arrivare i prodotti doc dal posto e poi se li cucina. Va alla grande! Gli inglesi impazziscono e lui si sta a fare i soldi. Pensa che c’ha uno che lavora per lui e tutto il giorno sta attaccato al pc su uno schermo, guarda, grande così – e faceva il gesto con le mani – e gli segue il sito e altre cose.
La vedi questa macchina d’epoca qui? bhè se l’è comprata da un vecchietto che la teneva nel garage, l’ha rimessa a posto e adesso se l’è rivenduta e ci ha fatto un sacco di soldi. Lui me l’ha detto, lavora fino a 50 anni e poi smette, si gode la vita. Quella è l’idea.
Io penso che farò lo stesso, inzio come autista e poi vediamo, magari gli dò una mano nel ristorante e poi fra qualche anno ne apro uno mio”.
Parlavano ormai da un’ora e Pierreman si accorse di tifare per lui, che questo cugino alla fine gli era simpatico e si ritrovò a dire che alla prima occasione in cui sarebbe andato a Londra lo avrebbe cercato e sarebbero andati a bersi una birra. Magari anche con suo cugino!
Il ragazzo coi Rayban gli lasciò il telefono e gli diede l’amicizia su Facebook e poi scese.

Pierreman - ragazzo con Rayban - storytelling

Non gli aveva chiesto nulla della sua vita, cosa facesse o dove andasse, ma in qualche modo lui sentiva che si intendevano e che la vicenda lo aveva coinvolto. Quella storia lo aveva emozionato, gli ricordava i suoi inizi, e quello spirito di avventura gli aveva infuso una bella e rinnovata energia.
Da professionista della comunicazione, Pierreman comprese rapidamente come tra di loro si fosse creata empatia e che questa connessione gli riportava alla mente le sue imprese  giovanili e il tempo in cui anche lui aveva lasciato tutto per rincorrere i suoi sogni.
Mentre tra sè e sè diceva questo, realizzò che era la stessa cosa nel suo lavoro: per raggiungere le persone devi entrare in connessione con loro, condividere la tua esperienza, raccontare il tuo percorso e farli emozionare. Bisognava ricominciare dalle persone e dalle loro storie. Le storie parlano di noi, di chi siamo e di dove vogliamo andare.

Passarono le settimane e non ripensai più a quell’incontro con Pierreman in stazione, finché un giorno, mi arrivò una sua e-mail aziendale. Non la solita e-mail però: non era il consueto rumoroso messaggio concepito per attirare l’attenzione.
Era una storia. La storia della sua azienda, raccontata attraverso i volti di chi ci aveva lavorato e le personalità dei suoi collaboratori. Il team si presentava attraverso immagini divertenti e un copywriting molto personale.

Newsletter Pierreman - storytelling

Aveva scelto di parlare dell’azienda attraverso i volti dei suoi protagonisti, ad ogni livello, e questo gli permise di raccontare una storia da una prospettiva differente. Le persone non comprano da un’azienda ma comprano da altre persone e in questo caso il CEO non era la persona più adatta a rappresentare l’azienda.
Il testo era scritto in modo informale, quasi a ricalcare il linguaggio del personaggio rappresentato. Era facile immedesimarsi in loro, perché scoprivi di condividerne gli interessi, gli studi, i fallimenti e i successi.
L’e-mail, strutturata in paragrafi brevi e qualche punto elenco, raccontava un aneddoto o un’opinione che faceva trasparire i valori fondanti dell’azienda e lo spirito con cui i prodotti venivano realizzati.
Il breve racconto si concludeva con un invito all’azione, “unisciti alla nostra community  condividi la tua storia”, un’idea brillante che permise all’azienda che Pierreman rappresentava di riconquistare fette di mercato e simpatia del pubblico.

Alla fine Pierreman ci era riuscito, era diventato uno storyteller: metaforicamente parlando, non si era limitato a spiegare a un boscimano quanto sia divertente sciare, ma glielo aveva mostrato.
Lo storytelling è proprio questo, non si limita a farti vedere una foto del Monte Bianco innevato e dell’ultimo modello supertecnologico di sci, ma ti fa vivere l’esperienza, ti fa mettere gli sci e ti fa scendere dalla montagna.

Se la storia ti è piaciuta  e vuoi provare il brivido di “scendere dalla montagna con gli sci” non perderti il prossimo articolo su come integrare lo storytelling nelle attività di marketing e nel web design: parleremo di Pinterest!

Autore Patrizia Soffiati

Content editor copy e seo @TrewSitiweb, passato di studi iberici e ufficio stampa, vocazione green, coltivo la mia ghianda con letture, yoga, lotta love Torino.

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