Blobtweet, le connessioni creative di Roberta Zanella

blobTweet - Twitter - Roberta Zanella

Fresco fresco di lancio, è uscito sulla rete in questi giorni un progetto creativo e intelligente di  Roberta Zanella, aka @RobiCopyZanella: Blobtweet.
L’operazione  è una sfida ambiziosa, divertente, ma dentro c’è tutta l’identità di Roberta,  giocoliera di parole che dissacra, smonta e  rimonta con spirito ludico e temerario, sempre alla ricerca di nuovi significati.

In questa intervista ci racconta tutto, ma proprio tutto del suo progetto il cui obiettivo è, come dice lei stessa <di creare connessioni creative, partendo dalle condivisioni delle persone>.
Dunque questo è il cuore di Blobtweet, per tutto il resto dovete leggere ….
– Patrizia Soffiati –

Roberta Zanella

Come definiresti in 140 caratteri l’idea #blobtweet? Ci fai un esempio pratico?

Lo definirei come ho fatto nella “bio” dell’account Twitter dedicato: “Scrivo storie 3.0 in 140 caratteri. Cerco tweet, li connetto, tesSo fili di visual e tesTo. E ingabbio tutto nell’hashtag #blobtweet” – 140 caratteri meno 6, va bene lo stesso? 🙂

L’esempio che porto è uno dei primi tweet condivisi – il progetto è nato da una settimana appena:

Questa condivisione in “blob” nasce da un livetweeting di Michaela Matichecchia su assist di Luca Bove. Non ho fatto altro che:

  1. partire dal contenuto
  2. concentrarmi sulla parola “supermercato”
  3. giocare sull’assonanza “BOT” –> “COOP”
  4. renderla chiara e divertente a livello grafico
  5. condividere il risultato, includendo tweet originario, hashtag dedicato, menzione dei due interessati e visual giocoso sul doppio senso.

Ed ecco il risultato.
Quando si agisce in live bisogna essere molto rapidi; questa l’unica difficoltà che ho trovato.

Twitter è visto come un social apparentemente ostico dai non addetti ai lavori: cosa ti ha spinto a lanciare un progetto in un social considerato “difficile”?

Direi che la risposta è contenuta nella domanda: la difficoltà di espressione.
Twitter risulta ostico perché fa della “sintesi” una capacità necessaria. E la capacità di sintesi è sinonimo di un po’ di cosette: conoscere a menadito un argomento, centrarne il perno, eliminare il superfluo, andare al punto in modo incisivo e diretto. Quattro fasi di scomposizione del “complesso” che a scuola non insegnano mai abbastanza e che bisogna guadagnare nel tempo. Per far capire bene cosa significhi sintetizzare, faccio spesso il parallelo con pittori dai nomi conosciuti ai più: Picasso e Matisse; basterebbe dedicare due minuti di curiosità al loro modo di lavorare, per capire il senso di “sintesi” nel rispetto della sua radice etimologica: prima si mette insieme, poi – e solo poi – si può sperare di scomporre e centrare l’essenza delle cose.

Non esiste semplicità senza complessità: questa, a mio parere, è una grande verità.

La prima sfida, quindi, è dimostrare che Twitter – con i suoi sparuti 140 caratteri – può essere un social creativo e stimolante; un social che ha tanto da insegnare a livello espressivo [la sintesi costruttiva – scusate l’apparente ossimoro – è davvero un’ottima palestra per imparare a scrivere in modo “tagliente”, senza cadere in banalità, ovvietà e/o linguaggio scadente].

La seconda sfida è “creativa” nel vero senso del termine. Il social network si basa sulla condivisione; ma, pare abbastanza ovvio, non condividi se non connetti.
E che cos’è la creatività se non connessione di cose già viste BARRA dette in modo nuovo e originale? Twitter è un mare in piena di contenuti stratificati che appaiono un attimo per scomparire nell’abisso dei flussi: parole incisive, link di approfondimento sull’argomento, menzioni e hashtag. Un vero peccato, spesso dimenticato. Da qualche tempo c’è la possibilità di aggiungere pic e gif, che levano comunque spazio al contenuto (20 caratteri se non sbaglio).
Il tutto avviene sempre in 140 battute, in cui devi riuscire a far battere i denti, il cuore e le dita sui tasti per (s)muovere condivisione. Difficile? Sì. Ma il nostro lavoro è “comunicare” e io sono del parere che sia il mezzo a doversi adeguare alle persone, non viceversa. Se voglio esprimermi devo farlo sempre nel migliore dei modi senza rinunciare a scopo e sostanza. Dal comunicato stampa al comunicare creativo il passo può essere davvero breve: stampiamocelo in testa. E lasciamo i compartimenti stagni a chi pensa che comunicare “digitale” e “tradizionale” siano due cose diverse; o ai link tematici che – per loro stessa natura – non hanno scampo.

La terza sfida riguarda gli individui che frequentano Twitter in vari modi e per vari motivi. Costruire ponti tra persone che si “arrampicano” su 140 battute significa strutturare e curare i contenuti: qui non hai spazio per far capire bene chi sei, a meno che qualcuno non ti segua assiduamente. Una sfida che mi ricorda l’esame universitario: tre mesi di preparazione su 3.000 pagine e uno sparuto quarto d’ora per far capire che avevi studiato. Fortuna? Sì, ce ne voleva. E ce ne vuole sempre nella vita. Ma esiste anche l’empatia che, in un battito di CIP, unisce fatti, cose, persone con fili trasparenti e illuminanti. Anzi… intermittenti.

Le connessioni che un’operazione creativa come il #blobtweet mette in luce non sono sempre “visibili” o meglio, comprensibili a tutti. L’operazione di lettura interpretativa è molto personale, così come lo è la creazione dello stesso #blobtweet. Perché hai deciso di correre questo rischio?

Comunicare significa rischiare. E meglio lo sai fare, meno dovresti rischiare di essere frainteso.

BlobTweet si propone di creare connessioni creative, partendo dalle condivisioni delle persone.

Sì, sembra una sciogli-lingua ma non è così.

Per questo motivo toni, argomenti e modalità varieranno in base al tipo di coinvolgimento. Rivolgersi alla moltitudine, ampliare il target di un progetto a dismisura è affare complesso. Vero. Ma io sono una tipa cocciuta, che si è messa a parlare di figure retoriche nel 2014, sperando di far capire la loro utilità nella comunicazione 2.0.

Porto avanti le mie idee costruttive e ho molta fiducia nella capacità interpretativa delle persone: credo che ogni cervello vada solo stimolato. Comunicare significa creare mondi. Tutti siamo stati bambini e abbiamo giocato a trasformare le nuvole in animali. Cosa ci sarà mai di tanto diverso nel mio progetto? Io vedevo un leone, tu un orso; ma non cambiavano gioco e concetto.
Non pretendo che tutti capiscano ogni singolo tweet, ma mi piacerebbe tanto che – in caso contrario – ci fosse confronto, domanda, curiosità; o semplice rifiuto di condivisione laddove mancasse comprensione dell’argomento, apprezzamento del tono, accordo sulla modalità.

Io accetto tutto. Il fine di BlobTweet non è riuscire a sfondare, ma cercare di capire come ragionano le persone; o farle “ragionare” fra loro. Creare micro-contenuti, curarli, connetterli, farli circolare e collezionarli come “perle” che risorgono dall’abisso dei flussi: questo quello che vorrei fare. Detta nel meno poetico – mi si permetta – inglese, parliamo di content creation, content curation, mashup, engagement e, infine, endorsement.

Mi rendo conto che non è un esperimento facile; ma vero è che la parola “comunicazione” ha un suffisso importante per nulla paralizzante, che sa di “sfida continua tra toni e sfumature”. Usiamoli allora. Perché limitarsi? Il social offre una grande possibilità di confronto con il mondo.
Io sono entusiasta di assistere a questa “rivoluzione” e voglio viverla da protagonista. Voi? 😉

In un precedente articolo Maurizio Brandolini su Cowinning aveva parlato di decontestualizzazione. Quanto è importante oggi saper tessere i fili di una matassa, creare connessioni nel mondo digitale e de/con-testualizzare?

Importantissimo.

Ma io distinguerei le connessioni sui contenuti dalle relazioni, che possono esserne – o meno – diretta conseguenza. Il contesto pesa dentro e fuori dal testo: è sociale, ambientale, soggettivo, interpretativo, educativo e via dicendo. Io posso seguirti perché mi stai simpatico, perché ci conosciamo, perché penso che tu abbia qualcosa da dire o da insegnare; o, semplicemente, perché puoi aiutarmi in visibilità e incarni quello a cui tendo. Ovvio che più sono i motivi contestuali, più si tirano i “fili”. Con BlobTweet voglio riportare il contenuto al centro dello “scambio” comunicazionale e relazionale. Per questo ho creato un account indipendente dal mio profilo esistente, che non sia influenzato dalla persona e da quello che rappresenta. Ma solo ed esclusivamente da quello che dice e che propone.

Creare connessioni è importante a livello di persone, ma anche di argomento. Ho come l’impressione che si tenda a chiudersi in circoli viziosi di condivisioni sempre uguali – che non voglio chiamare “favori”: un mulinello ripetitivo in cui si fa “rete” e poi ci s’incastra ben bene dentro rigide maglie in stile medievale. Ecco, le maglie di BlobTweet sono morbide come lana e lasche come vasche: tutti le possono indossare e abbinare come preferiscono. Io propongo un contesto nuovo e libero, dove conoscersi e confrontarsi; un ambiente dove all’improvviso ci si troverà nello stesso tweet con una persona sconosciuta – ohhhhhhh – e dove capiterà di buttare l’occhio su contenuti che sono “fuori dalle quotidiane cerchie d’interesse”; per scoprire – magari – che in rete ci sono tante persone nuove, che dicono cose diverse, su argomenti lontani dai nostri … ma anche tanto uguali. Il bello della “rete” è ch’è fatta – per sua stessa definizione – di fili elettri…zzanti. Online esiste sempre una linea (?) che unisce cose e persone: trovarla significa “essere creativi”, aprire la testa, esplorare, osservare e raccontare in modo nuovo.

Il filo conduttore di BlobTweet non è “contestuale” alla rete, ma in-tessuto dentro la rete.
Direi che le parole d’ordine sono: aprirsi, scoprirsi, conoscersi, leggersi, convidersi e viversi nello stesso tweet. Tutti verbi riflessivi, perché “fare rete” significa legare sé stessi agli altri; la reciprocità vince sempre. Con l’hashtag #blobtweet mi propongo di tessere il web social per quello che è… e che potrebbe diventare; spero che ricevere il proprio tweet in “blob” suoni presto come un “dono” da fare a se stessi e agli altri.

Se poi vogliamo parlare di “contesto” a livello di comunicazione tradizionale, credo che BlobTweet lo rispetti in pieno. La storia 3.0 si basa proprio sull’unione di pochi caratteri, immagini, gif strappati dal flusso e bloccati per sempre nelle maglie della logicità. Twitter scorre veloce e si rischia di perdere cose preziose sotto la continua stratificazione di “rumore”.

Se il fil rouge sarà esplicito, il contesto sarà chiaro e lineare; altrimenti si giocherà su de-contestualizzazione e doppio senso. Nel secondo caso il lettore dovrà fare uno sforzo di disambiguazione. Provare a de-contestualizzare in modo “creativo”, stimolare contrasti tra visual e testo – o viceversa – per scuotere gli animi e ottenere l’effetto “sorpresa” è un’idea che mi piace un sacco. Pochi caratteri = ottimo esercizio per imparare a leggere sotto le righe, apprezzare le dissonanze e godere di contrari – solo – apparenti.
Viviamo in un mondo inter-connesso, giusto? Beh, dimostriamo di essere in grado.

Infine, parlando di contesto in ambito “lettura e comprensione”, sì… occorre capire bene quando è il caso di de-contestualizzare e quando, invece, no. Twitter è un social pericoloso per mancanza di “spazio” e i fraintendimenti sono all’ordine del giorno; leggere pochi caratteri togliendoli dal contesto di “conversazione” è un grave errore. Dovrò tenere presente anche questo nel lancio di tweet in stile “Blob”. C’è chi (s)corre velocemente e – altrettanto velocemente – si fa un’idea e/o si offende. Bisogna metterlo in conto. Sempre.

Quanto hai preso in prestito da Blob (il programma televisivo)? I termini in sovraimpressione che uniscono gli spezzoni di video slegati fra loro possono essere considerati precursori degli hashtag?

Ah! In realtà ho preso in prestito solo il nome, ch’è nato da una condivisione spontanea di due tweet che mi parevano – superbamente e casualmente – collegati fra loro [come spiego sul mio blog]. Certo l’idea del filo logico tra “caratteri diversi” c’è, ma è stato induttivo… non deduttivo: prima è scattata la connessione, poi il nome dell’hashtag – buttato là quasi per gioco.

Il richiamo a Blob – nel naming del progetto – chiarisce subito – più o meno – di cosa si tratta e quale potrebbe essere il suo intento.
Ma sono, comunque, due tipi di comunicazione diversa: là si uniscono spezzoni di trasmissioni TV con persone dentro; qui si collegano persone reali con dentro spezzoni di contenuti.

I termini in sovraimpressione che legano i video di Blob aiutano lo spettatore a capire il senso logico e a seguire il “filo” della storia.
Possiamo dire lo stesso dell’hashtag? In parte sì, in parte no.

L’hashtag chiarisce il “contesto” e inserisce il singolo tweet in un flusso di tweet simili. Spesso è buttato a casaccio – o inventato di sana pianta; e poi ci sono gli spammer – anche se rari per fortuna – che approffittano del trend topic per avere 140 secondi di notorietà [altro che de-contestualizzazione: qui argomento del tweet e hashtag sono in netto contrasto].

Diverso è il caso degli hashtag tematici, che sono perno di un progetto condiviso, spesso abbinati ad altri che variano in base all’argomento del giorno. Ce ne sono d’interessanti, come #twitteratura e #scritturebrevi. Confesso che faccio un po’ fatica, non tanto ad infilarmi in questi “flussi” – basta scrivere un tweet coerente infondo – quanto a leggerli in toto e a coglierne in pieno l’essenza. Ma apprezzo molto questo tipo d’iniziative sia per il tipo di contenuto che diffondono, sia per la viralità sana – scuserete l’ossimoro – che stimola re-flusso.

Il mio progetto non ha la circolazione dell’hashtag come intento primario; piuttosto m’interessa la circolazione di contenuti fra persone diverse, soprattutto per chi non usa le liste e non ama organizzarle. Magari non avrò nemmeno bisogno di un hashtag dedicato: si vedrà.
Indubbiamente il format televisivo non è di facilissima comprensione – ricordi la domanda iniziale sul perché mi sono lanciata in questo esperimento? – e richiede un certo sforzo interpretativo. Si rivolge a una nicchia e ritiene di chiarire bene il “filo” per mettere in evidenza lo scopo. Ma proprio nella sua ambiguità tematica sta – a volte – la forza di Blob, indipendemente dal modo in cui il singolo potrebbe leggere la “storia” proposta. Il mio progetto si rivolge a tutti; l’interpretazione del BlobTweet da parte dei followers mi farà capire qual è la linea giusta da seguire; non viceversa.

BlobTweet è una storia che si scriverà da sola e nascerà dal confronto diretto: altro vantaggio del social che il media tradizionale non ha.

In Blob la componente satirica fa parte dell’identità del programma: intendi utilizzare l’ironia e la satira nei tuoi tweet creativi?

L’ironia è un’arma potente e sottile, degna dei più grandi retori.
La satira è un’arma altrettanto potente, ma può diventare a doppio taglio.

BlobTweet è un progetto a-politico che non ha un target definito: urtare la sensibilità delle persone è molto facile e sarebbe un grave errore. Ma io sono convinta che le cose si possano esprimere in modo obiettivo, senza cadere nell’opinione soggettiva.
Questa è un’altra sfida comunicativa: unire tweet di parti diverse per stimolare confronto e/o discussione in toni civili. Mi manca una comunicazione obiettiva, pulita e costruita sulle persone.

Io sarò la curatrice, non l’opinionista “di parte”: le ”storie”, come ho detto, le scriveranno gli altri.
Quindi sì, userò ironia e satira, ma nei limiti del rispetto e cercando di non cadere nel trash per attirare consenso. Altra sfida che accetto con tante braccia aperte – anche se no, non sono induista 🙂

Il “blob” così come il mashup sono forme di espressione contemporanee e innovative, utilizzate in ambito musicale, artistico e letterario. Per quale motivo hai scelto per il logo invece un’immagine “antica” che richiama un immaginario epico?

Posso dichiarare che non conosco il termine mashup e alzare bandiera bianca sulla mia ignoranza? [Prontamente rivenduto qui sopra… comunque :-)] Preferisco chiamarla “contaminazione di linguaggi”, un concetto ch’esiste da tempi immemori – l’Ara Pacis augustea con il suo “programma iconico” è un esempio plateale di quello che intendo. E da qui si spiega l’immagine “epica”, che sa anche un po’ di “tela” omerica – perché proprio dall’Odissea è partita la “connessione intuitiva” che ha portato alla nascita di BlobTweet. C’è, poi, un motivo esplicitato nello slogan: “Trova il filo, tessi la trama, ingabbiala #” – incredibile come l’hashtag somigli a una “rete” di maglia e di… gabbia. Il visual non fa che rendere chiara la mission del progetto a livello visivo. L’avatar, infine, collega la “testa creativa” – avvolta in fili interconnessi di maglia larga – con l’etimologia della parola “testo” [intreccio]. Insomma, se il web è connessione su più livelli… intrecciamoci 🙂

BlobTweet - Tumblr

Un altro aspetto intelligente e creativo del progetto è l’uso di Tumblr come luogo di destinazione e fruizione dei #blobtweet. Perché la tua scelta è ricaduta su questo social media?

Intendiamoci: era ben lungi da me aprire un altro blog.

Qui l’input è arrivato da Cristina Rigutto e dal nostro confronto sul progetto in un post condiviso Google Plus. Mi è sembrata un’ottima idea perché, come ho detto spesso, Tumblr è una piattaforma più libera e meno pretenziosa, che ben si adatta a brevi contenuti di tipo “visivo”.
Devo dire che i miei inputtini mi hanno dato una gran mano; qualche tempo fa, in Community, abbiamo fatto una lunga discussione sulle diverse piattaforme di blogging [potete leggere il risultato finale qui].

L’aspetto “incontaminato” di Tumblr è provare a usarlo come teaser di contenuti: Giuseppe Palomba – dopo il nostro confronto – l’ha fatto.
Io non so se potrò sfruttarlo in questo senso su BlobTweet, dove – per ora – il blog Tumblr funge da “contenitore d’unione” per creare mini-storie di CIP condivisi.

Inoltre non avevo ancora un account Tumblr. E, fino a ieri, non volevo farlo – questo l’ho già detto, vero? 🙂

Ti risulta esistano altri progetti simili al tuo ma in altri contesti social?

Non mi risulta, ma ammetto che non ho approfondito la cosa.
Come ho detto, l’idea è nata in un flash di condivisione istintiva. Se ce ne sono, comunque, sarei molto curiosa di conoscerli per vedere quanto hanno in comune con il mio e come/perché sono nati.

Anche se è appena nato vedi delle possibili evoluzioni del tuo progetto?

No.
L’istinto, cosa rara per me, questa volta ha prevalso.

Credo che sia un ottimo caso di studio – se dovesse riuscire e andare avanti – su vari aspetti della comunicazione 2.0: contaminazione di linguaggi, connessione fra persone, diversi livelli di tono e di espressione, risultati in termini di engagement/endorsement e – perché no? – (micro)storytelling mashup in pillole.

Sinceramente non so se questo progetto verrà capito e se troverà consenso; mi piacerebbe.
Ma la gente su Twitter viaggia… velocemente.

Forse, soddisfare la mia curiosità da comunicatrice creativa e provare a riportare il social nella sua forma di condivisione aperta, allargata e naturale – per ora – è l’unica finalità. Oltre a quelle – ovvie – di conoscere persone nuove, scambiare flussi di positività, offrire spunti obiettivi e contaminati per testi e teste. Se riuscirò ad aprire un varco di riflessione più ampio, beh… sarò felice; altrimenti potrò parlare – con cognizione di causa e dati alla mano – di comunicazione verbale e para-verbale nel social più ostico del web: quello in 140 caratteri. Ricordando a tutti che la parola “caratteri” ha un doppio senso da non sottovalutare: proviamo a usare tutte le nostre sfumature interiori per twittare pillole di saggezza e saremo molto più felici di farlo.

Sarà perché mi chiamo Roberta e amo la rima… ma ne sono quasi certa 🙂

 

Grazie per l’intervista e per tutti gli spunti di riflessione Roberta!

In bocca al lupo per il tuo progetto!

 

STARTER BOX

@BlobTweet: account Twitter ufficiale, curato direttamente da Roberta

Usare Twitter in modo creativo? Si può! articolo di presentazione di #blobweet dal blog di Roberta

Il manifesto di blobtweet in slide

Il Tumblr di BlobTweet

Copywriter Input Blog: il blog ufficiale di Roberta Zanella

Autore Patrizia Soffiati

Content editor copy e seo @TrewSitiweb, passato di studi iberici e ufficio stampa, vocazione green, coltivo la mia ghianda con letture, yoga, lotta love Torino.

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