In radio un programma di divulgazione dura circa trenta minuti. Una notizia da radio giornale, per non annoiare l’ascoltatore, non più di venti secondi. Ogni tre o sei minuti circa si mette una canzone, per alleggerire il programma e permettere all’ascoltatore di “respirare”. Quando parli al microfono hai addosso un paio di cuffie che ti isolano dal mondo esterno e un monitor davanti, del quale la cosa più evidente è un timer che scandisce il trascorrere del blocco di parlato, cioè quel pezzettino di trasmissione (con la sua base musicale in sottofondo) che devi riempire con un discorso già impostato, ma solo per parole chiave. In radio non si legge, si racconta, mentre quel timer ti scorre davanti andando all’indietro, il regista ti parla utilizzando un linguaggio dei segni tutto suo e il foglio su cui hai appuntato le parole chiave deve stare fermissimo sul tavolo, altrimenti se ne sentirà il fruscio in diretta.
Se la radio in questione è una web radio le cose non cambiano, esiste solo una fondamentale differenza: il canale attraverso cui trasmetti. Una radio utilizza antenne e apparecchi che le captano, una web radio si avvale di Internet trasmettendo un flusso di dati audio. Può sembrare una differenza scontata e banale, ma in fondo non lo è affatto, perché una web radio ti permette di raggiungere chiunque ed essere ascoltato dovunque, grazie a quel potente mezzo di trasmissione che è la Rete. E oggi che siamo tutti connessi trasmettere via web fa una differenza enorme, non solo perché un pc con connessione ce l’abbiamo tutti, ma anche perché quasi tutti abbiamo uno smartphone, e le web radio si possono ascoltare anche con lo smartphone scaricando delle app gratuite (un esempio è TuneIn Radio) che permettono di ascoltare trasmissioni in diretta e podcast.
Tutto questo diventa particolarmente interessante e utile quando ci si occupa di divulgazione, soprattutto della scienza, perché le web radio ti permettono di parlare con cognizione di causa a un pubblico vastissimo. Sono poi un luogo dove sei costretto a essere chiaro e a farti capire senza annoiare o metterti a “fare lezione”, perché tutto ciò che puoi utilizzare è solamente la tua voce. L’ascoltatore, come lo specifica già il termine, ascolta. In questo modo viene a crearsi quel rapporto quasi intimo che sta alla base di una comunicazione efficace. Lo speaker sta indirizzando il suo messaggio all’ascoltatore, glielo sta cucendo addosso, e di questo ne sono entrambi consapevoli. Chi ascolta è così automaticamente portato a fidarsi di chi sta trasmettendo e a mettere in relazione la propria esperienza quotidiana con ciò che sta ascoltando. Una web radio permette quindi di abbattere le barriere che l’accademia crea tra ciò che succede al suo interno e la vita di tutti i giorni, facendo in modo che chiunque si senta in grado di capire e far propria qualsiasi tipo di conoscenza.
Non stupisce che i primi programmi di divulgazione via radio siano nati all’interno delle Università (ancora nel lontano 1924 a Pittsburgh) data la natura specialistica dei temi trattati, e non stupisce nemmeno che molte delle web radio attuali che si occupano di comunicazione scientifica o legata ai risultati della ricerca siano nate all’interno delle Università (la prima in Italia è stata l’Università di Siena nel 1998). Ma, oltre alla natura dei temi trattati, un altro fattore gioca un ruolo importante nella diffusione di questo mezzo di comunicazione nell’accademia: la sua economicità. Una web radio costa molto meno di una radio comune, di una rete televisiva o di un giornale e generalmente coinvolge studenti e ricercatori, e non personale assunto ad hoc, nel lavoro di redazione, programmazione e trasmissione.
Questo non rende meno qualificato il lavoro che si fa in una web radio, anzi. Proprio perché ciò che viene trasmesso deve essere autorevole, la preparazione di chi ci lavora è estremamente curata, sia dal punto di vista della forma che dei contenuti. Ognuno porta la propria specializzazione all’interno del gruppo di lavoro, ma ne esce sapendo fare quasi tutto, come è successo a me e ai miei compagni di trasmissione quando abbiamo iniziato a lavorare a Buco Nero su Radiobue.it, la web radio universitaria di Padova. Quando siamo entrati per la prima volta in studio di registrazione sapevamo soltanto come comunicare un argomento rilevante dal punto di vista della ricerca o della scienza, e mentre eravamo lì ci hanno insegnato come trasformare tutto questo in un contenuto radiofonico con un apposito corso di redazione, ci hanno fatto studiare dizione a teatro, ci hanno insegnato come si fa regia utilizzando un programma professionale e come si costruisce un podcast per poi caricarlo online.
Il fenomeno web radio è attualmente uno dei più importanti nel campo della divulgazione delle conoscenze, lo dimostrano la nascita di RadUni, l’associazione degli operatori radiofonici universitari nata nel 2006, e il progetto UnyOnAir, promosso da Radio24 nel 2007. Il primo, come recita il suo statuto, è nato come strumento di aggregazione per coloro che ritengono la radio un mezzo per la “diffusione di valori culturali e democratici dei quali gli atenei italiani sono promotori” e ha voluto promuovere la nascita di nuove web radio universitarie in un momento in cui, in Italia, ne esistevano meno di una decina. UnyOnAir ha poi fatto il resto offrendo a molte Università, attraverso un bando di adesione, consulenza professionale e momenti di formazione su tutti i fronti per creare e poi gestire autonomamente la propria web radio, dimostrando che il fenomeno era talmente interessante che un’emittente nazionale ha ritenuto valesse la pena di investirvi.
Oggi molte Università italiane hanno la propria web radio gestita assieme a studenti o in appalto a cooperative di giovani laureati competenti. E anche le principali emittenti radiofoniche italiane hanno il loro canale web dove permettono l’ascolto delle trasmissioni in streaming, o quantomeno caricano i podcast delle puntate, perché ciò le rende accessibili in qualunque posto e in qualunque momento, cosa che, all’epoca di Internet e degli smartphone, non puoi più permetterti di non fare.
L’immagine di testata è stata scattata dal mio compagno di trasmissione Alessio Francesco Brunetti, quella della consolle è di Antonio Pratesi. A chi volesse approfondire la tematica della divulgazione scientifica attraverso le web radio consiglio questa tesi.
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