A chiunque è capitato di ascoltare un panel e vedere un argomento, magari fino ad allora snobbato, sotto una nuova luce. A me è capitato a Medioera – Festival di cultura digitale mentre sentivo parlare Antonio Pavolini, Mafe de Baggis e Filippo Pretolani nel panel Perché Tumblr ce l’ha fatta?
Ho chiesto loro, via Twitter mentre erano ancora sul palco, che ne pensavano di essere ospiti di Cowinning e il risultato è questo post su una piattaforma di blogging interessante (anche) perché basata sul meccanismo principe dei social network: la condivisione. Il retumblr, spesso di sole immagini, fa del raccontare di sé o di un’azienda un’esperienza collettiva, avvolgente e lontana – almeno in apparenza – dai meccanismi invasivi del classico advertising.
Tumblr e il personal branding: raccontare di sé
Ci sono cose che tutti sanno, ma che pochissimi capiscono appieno: per esempio tutti o quasi sanno che la comunicazione non verbale (i gesti, le espressioni, il tono della voce, i vestiti, la postura) racconta di noi molto più di quello che effettivamente diciamo, ma quasi nessuno riesce a proiettare questo dato su se stesso e soprattutto a valutarne le conseguenze, cioè che quello che diciamo conta infinitamente meno di come, quando, in che modo lo diciamo.
L’importanza della metacomunicazione, cioè di quello che una comunicazione rivela al di là del contenuto, è uno dei segreti meglio custoditi al mondo: in teoria la sperimentiamo in continuazione, in pratica continuiamo a pensare che comunicare significhi trasferire dei contenuti e soprattutto che farlo sia sufficiente per stare tranquilli. Quante volte in un litigio abbiamo urlato “te l’ho detto mille volte?”. Quante volte abbiamo pensato che un’informazione fosse passata solo perché abbiamo scritto una lunga mail con tutti in copia? Tutti pensiamo che basti dire o scrivere qualcosa per essere compresi pur verificando in continuazione che questo non accade quasi mai. Lo dice molto bene Vladimir Propp chiarendo alcuni passaggi dei suoi studi in “Struttura e storia nello studio della favola”:
“Quando scrissi il libro (Morfologia della fiaba) ero giovane e perciò ero convinto che bastasse rendere nota un’osservazione o un’idea perché subito tutti la comprendessero e la condividessero”
Siamo tutti molto giovani da questo particolare punto di vista 🙂
Il bello di Tumblr è che è tutto o quasi “molto méta”, perché in gran parte consiste di condivisioni di contenuti altrui. Foto, citazioni, video, gif animate: quasi sempre ri-pubblichiamo ciò che ci piace, che ci assomiglia, che ci descrive meglio di quanto possano fare le nostre stesse parole. Tumblr è metacomunicazione allo stato puro anche perché, come insegna Peirce, il gioco dei significati è illimitato: se sceglierò il frame di un film indie per raccontare il mio essere colta e originale starò anche metacomunicando il mio cercare di darmi un tono che a sua volta può significare anche l’indifferenza per la consapevolezza che molti penseranno che mi sto dando un tono e così via (e magari mi piaceva quel frame e basta).
Raramente questi passaggi si affacciano alla soglia della consapevolezza e mai per tutti nello stesso modo, per cui Tumblr è l’ambiente perfetto per raccontarsi sempre e solo usando contenuti di altri, per raccontarsi attraverso la selezione che io faccio del meglio del mondo di storie intorno a me. Potrò usarlo a diversi livelli, sapendo che la maggioranza delle persone apprezzeranno (o meno) il singolo contenuto, che una buona parte di loro interpreterà il motivo per cui l’ho pubblicato (spesso sbagliando) e che pochissimi saranno in grado di vedere la mia personalità dietro quella scelta. Questi ultimi sono quelli per cui vale la pena di raccontarsi attraverso le proprie selezioni: è sempre importante ricordare che per fare personal branding non è importante raggiungere tantissime persone, è importante colpire le persone giuste.
Di seguito dei modi molto diversi di raccontarsi su Tumblr:
- http://robba.tumblr.com/
- http://suicideblonde.tumblr.com/
- http://diariodiunapparecchio.tumblr.com/
- http://gbrlferraresi.tumblr.com/
– Mafe de Baggis –
Misticanza di Tumblr
L’uomo sogna di continuo e ogni volta in sogno è un vano tentativo di oblio. Perché? Facile. Perché “Essere presenti a se stessi” è la nemesi perfetta di ogni umana bruttura. Ogni nostro agire è uno sbaglio indefettibile, per fortuna madre natura è organizzata in mille ridondanze in cui si rilancia malgrado noi. Il mondo tiene e ci deglutisce in un suo abbraccio fecale. Eppure l’uomo non è solo sozzura, l’umano è anche energia. Partendo da dentro, ognuno di noi si libra nel vuoto e accede a una sintonia. Lo facciamo di continuo, dissipandoci, lottando con l’entropia che intende azzerarci a sasso. Soccombiamo, certo, ma non siamo succubi. Il senso della vita è lanciare un segno oltre questo sasso, dissiparsi ma in una parabola armonica, che restituisca senso a questo essere segno. Non contento di tentare il creato col suo diretto sparpagliarsi, l’uomo s’inventa anche miliardi di forme di mediazione: è il mio essere nel mondo in parole, immagini, linguaggi, emozioni. La tecnica è il fuoco di questa intensificazione. Se provi a collegare la tecnica al tentativo di oblio iniziale, ecco spiegato un trucco per render sopportabile l’esistenza: brevi oscillazioni d’immaginario che restituiscano onde di piacere immemori. Durare oltre l’assenza di durata. Durare in questo nostro venir meno. “Stai qui”, è tutto quello che posso dirti, amore. Ma lo dirò sparpagliandomi in mille e mille rivoli di energia. In cui non sarò, per sempre.
Se me ne vado, resto dentro di te. Ti ucciderei se volessi fartene carico. E allora anche qui deframmento, sfarino il mio sé in microgranuli per lasciarli andare a pelo d’acqua. Specchi di specchi a deformare il firmamento. Meglio ancora se riconosco tanti piccoli me nei pezzi frastagliati di altri. Specchi, anche qui: spicchi della mia durata ultraterrena. “Tienimi con te, amore”, è tutto quello che non so dirti.
L’uomo, la tecnica, l’a/presentazione del sé nei media. La tecnologia perfetta è quella più fedele alla nostra scomparsa. “Be the media”, lascito continuo in mille tocchi di farfalla. Ogni volta che mi riconosco in te e mi rilancio, accedo in un guizzo di oblio. Il Retumblr. Ogni volta che inanello una sequenza di rilanci entro in una leggera trance e svaporo. Dobbiamo esser grati a Tumblr per aver mostrato una via possibile alla sintonia felice. Chiamiamo micro-felicità questo campo disseminato di noi in frammenti che accedono endorfine. L’immagine è ipnotica, l’immagine (più della parola) scolora. La parola no, la parola meno. Perché incocca, perché in/siste: la parola è un tonfo che ci richiama a noi stessi, al nostro essere qui parlanti. Abbassiamola nella gerarchia del creato e innalziamo la sequenza ipnotica.
L’autopubblicazione sta seguendo due linee di fuga. La prima ha a che vedere con l’espressione del sé a prescindere dalla catena del valore editoriale a stampa così come lo abbiamo inteso da sette secoli. Chiamiamola intensificazione dell’ego coi nostri media. La seconda, quella di Tumblr, ha a che fare con il consegnare se stessi a una catena d’interpunzione altrui, un crinale sottile in cui ogni differenza tra il sé e l’altro viene meno, è il trionfo del contenuto riflesso.
Qui il cerchio non si chiude: ci consegnamo agli altri per essere veramente fedeli a noi stessi. Andarsene per restare. Dentro gli altri. “Vengo meno, amore”, transfondendomi in te. Microrilasci, a bassa intensità. Pare che il gran trapasso sia più agevole per microcessioni di senso. Tutto è in tutto e io non so più nulla. Pura energia in dissipazione. Senza sapersi perché.
– Filippo Pretolani/gallizio –
Tumblr e il visual storytelling
C’è molta confusione su corporate storytelling, visual storytelling o (come lo chiama qualcuno) “native advertising”. Il pericolo è che sia difficile districarsi tra una buzzword e l’altra, col rischio di mordere una mela che un bel giorno potrebbe davvero avere il sapore di una pera.
Può dunque essere utile invertire la prospettiva, e guardare il fenomeno dal lato di chi i contenuti li fruisce. L’unica certezza è che “lo spazio da occupare” non è più qualcosa che un brand compra da chi vende uno spazio. Su Internet lo spazio è virtualmente infinito, quindi da comprare – semmai – c’è la nostra attenzione o il nostro interesse, che rimangono risorse scarse.
Da molto prima dell’apparizione di internet è stato pacificamente accettato il principio per cui un’azienda potesse catturare l’attenzione del fruitore a prescindere dal fatto di essere, appunto, “branded”. Per motivi probabilmente culturali, l’idea che questo potesse accadere con “l’interesse” non si è mai fatta pienamente strada. Per un branded content – si dava per scontato – l’interesse è sempre quello dell’azienda, quindi non esiste area di intersezione con gli insiemi che rappresentano gli interessi del fruitore.
C’è voluto un brand dal potere pressoché infinito per sfatare definitivamente questo mito. Quando Apple racconta, in quello che potrebbe essere identificato come uno spottone, i propri nuovi prodotti nei suoi famosi video di un’ora e mezza in diretta dal Moscone Center, ci sta dando una visione del futuro più credibile di qualsiasi documentario di Piero Angela. La chiave, quindi – ma è la scoperta dell’acqua calda – è la credibilità.
Grandi brand da sempre associati alla nostra aspettativa di produrre immagini ad alto impatto emotivo (come Life, Adidas o Calvin Klein) si sono perfettamente integrati col flusso onirico di Tumblr per raggiungere le nostre dashboard senza essere considerati “una interruzione pubblicitaria”, anche se di fatto hanno una sorta di “corsia preferenziale” attraverso il meccanismo del “radar” di Tumblr.
Come ho potuto accennare nella panel a Medioera, qualche settimana fa a Viterbo, al momento di cedere la piattaforma a Yahoo!, che può vantare una notevole esperienza in materia di engagement sull’advertising online, il fondatore David Karp dovette combattere una battaglia personale con Marissa Meyer per convincerla a non “sporcare” la piattaforma mettendone in vendita dei veri e propri spazi pubblicitari, che sarebbero stati vissuti come una interruzione di questo flusso.
“Non si interrompe un’emozione” è un concetto ancor più valido per un social media come Tumblr, che si fonda quasi integralmente sulla ricondivisione di emozioni allo stato puro. La strada è dunque quella di concorrere a produrre questa emozione, sintonizzandosi sulla frequenza del fruitore attraverso i propri interessi verticali.
“Involvement, non engagement”, concetto su cui abbiamo giocato un po’ a Viterbo, magari non diverrà il nuovo mantra, ma potrebbe aprire la strada del dubbio tra chi si culla nella certezza che vi sia solo un modo di monetizzare contenuti sulle piattaforme di condivisione.
– Antonio Pavolini –
Chi sono Mafe, Antonio e Filippo?
Mafe de Baggis all’attività di consulenza di comunicazione e di progettazione di ambienti sociali online (community, blog, social network) associa la formazione (in aula e personale) e la scrittura (Le tribù di Internet, 2001, Hops Libri; Lei non sa chi sono io, 2007, RGB Editore; Preso nella rete, 2009, Morellini Editore; World Wide We, Apogeo, 2010).
Antonio Pavolini lavora da oltre 15 anni nel settore dei media, e dopo una serie di esperienze nella comunicazione istituzionale si è occupato dell’analisi degli scenari e dell’elaborazione delle strategie nella Media Industry. Dal 2008 fa parte del Teaching Committee del Master Universitario in Marketing Management (MUMM) della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Filippo Pretolani, aka @gallizio, ama scolpire frasi come se fossero immagini istantanee del mondo e riesce a farlo anche su Whatsapp! Ha un sacco di idee: una è gallizioLAB
*la suadente voce su Souncloud è di Marileda Maggi