Il 27 settembre 2013 si sono svolti in contemporanea due importanti eventi in tema Transmedia: il TEDxTransmedia a Roma e l’X Media Lab a Losanna. Cowinning era presente al TEDx, affascinati dal racconto dell’ideatrice Nicoletta Iacobacci, mentre GGDTicino era industry partner all’X Media Lab. Gabriella Fumagalli è stata il nodo per sperimentare un racconto collaborativo e parallelo degli eventi. Noi abbiamo curato lo storify della mattinata seguendo entrambe gli hashtag mentre qui presentiamo il diario con gli appunti di Gabriella. Per rimanere in tema transmedia lo starter box stavolta proviene dall’editoria e gli approfondimenti sono lasciati non ai link ma alle definizioni dal libro Transmedia. Storytelling e Comunicazione di Maximiliano Giovagnoli (Apogeo, 2013).
– Rachele Muzio –
GGDTicino in viaggio verso l’X Media Lab di Losanna
Dal finestrino del treno distese di vigneti terrazzati, così curati da sembrare finti, scendono fino al lago di Ginevra. Sono i vigneti di Lavaux, patrimonio dell’Unesco dal 2007, uno dei panorami tra i più belli al mondo oltre ai numerosi castelli.
Io e Federica arriviamo a Losanna e ci dirigiamo al Forum di Architettura per la Vip Networking Reception perché X Media Lab, evento internazionale che per la seconda volta sceglie la Svizzera, inizia qui. Volti sorridenti, foto di progetti d’architettura appese ai muri, un simpatico aperitivo e atmosfera rilassata. Brendan Harkin, direttore dell’evento, prende la parola e presenta, uno dopo l’altro, tutti i relatori e le personalità che interverranno il giorno successivo quando verranno aperte le porte al pubblico. Nel frattempo ho fatto la domanda alla quale nessuno, apparentemente, vuole rispondere. Cos’è secondo te il transmedia? Dovrò attendere ancora per soddisfare la mia curiosità.
Esperienze transmediali in conferenza, laboratori e masterclasses
It’s friday ed è la giornata della conferenza mentre sabato e domenica sarà la volta del Lab dove i 16 progetti selezionati verranno discussi dal team e affidati alle conoscenze e competenze dei più influenti transmedia “visionaries” a livello internazionale. Le masterclasses offriranno l’opportunità a creativi e professionisti dell’industria culturale (ma non solo) di approfondire le tematiche e le best practices con i relatori, apprendendo le tecniche e gli strumenti che utilizzano. Il programma è molto ricco di contenuti e spunti, non è facile fare una scelta.
Inspirations at #lab, #xmedialab. The selected projects are being mentored. #energy #ideas #ecal #startup pic.twitter.com/WyOwUSygQd
— gabri fumagalli (@gabrivev) 28 Settembre 2013
Jeff Gomez, transmedia producer e presidente di Starlight Runner Entertainment che ha lavorato a produzioni come Avatar e Pirati dei Caraibi, nel suo intervento parla di transmedia integrato nel processo di produzione. Ci spiega il processo transmediale diviso in:
- Development: planning strategico, progettazione del mondo del racconto – personaggi, mondo, location, oggetti, metafisica, essenza del brand e partnership.
- Innovation: sviluppo, planning, transmedia design, package e strategia digitale.
- Pre-produzione: mitologia, piano di pubblicazione, social network e ruoli dei partner.
- Produzione: si racconta la storia e ci si muove sui social network.
- Post-produzione: calendario della promozione.
- Release del film: il calendario transmediale nasce 6 mesi prima dell’uscita del film, si conosce il mondo ma non la storia. È il momento di maggior attività cross-mediale e di scambio sui social network.
- Post-release: nuove conversazioni, nuovi contenuti, gli utenti generano contenuti che guidano la storia, mentre i feedback vengono catalogati e studiati.
The puzzle! Fit all the media perfectly. @Jeff_Gomez #xmedialab #lausanne #ecal #masterclasse pic.twitter.com/uXbNUavUCx
— gabri fumagalli (@gabrivev) 29 Settembre 2013
Interessante il confronto con l’esperienza di Andre Deak, giornalista brasiliano e produttore di documentari per il web, che racconta come produrre esperienze transmediali con un piccolo budget o addirittura senza.
Il lavoro di Lucy McRae stupisce ed incuriosisce il pubblico. L’artista australiana, con un passato tra danza classica e interior design, studia, esplora e sperimenta la relazione tra il corpo e la tecnologia con l’utilizzo di materiali sintetici ed organici. È la prima body architect al mondo ed i suoi progetti hanno attirato l’attenzione di architetti, artisti e fashion brands. Ha esposto al Centre Pompidou, al Palais de Tokyo e secondo Fast Company è una delle 50 persone che influenzeranno il futuro. Basta dare un’occhiata al sito per rendersene conto.
Matteo Stanzani fornisce una buona definizione di transmedia citando Jeff Gomez:
il transmedia storytelling è l’avanguardia di un processo di trasmissione di un messaggio, tema o di una trama ad un pubblico di massa attraverso l’uso abile e ben pianificato delle piattaforme mediali. Si tratta di una filosofia di comunicazione e di estensione della marca che ne allunga il ciclo vitale e ne arricchisce il contenuto creativo.
Prosegue svelandoci la sua definizione vista dall’utente: il transmedia storytelling è la più completa fonte di soluzioni e felicità per il pubblico, il cui repertorio di sensi e percezioni è coinvolto attraverso l’abile uso del mistero che genera coinvolgimento emozionale e guida il pubblico a copiare, decidere e infine creare il proprio universo parallelo.
Durante il suo intervento alla masterclass Matteo ha presentato il progetto Taci!Opera, ispirato all’iniziativa del Teatro Comunale di Modena che presenta le opere più famose attraverso graphic novels, e da Leopoldo, proprietario (modenese) del Caffè Taci a New York, che da trent’anni ospita a cena aspiranti cantanti d’opera in cambio della loro voce. Matteo ha immaginato un intero storyworld, un universo fatto dalla realtà di quel locale a New York con Leopoldo e i ‘suoi’ cantanti di passaggio, con lo scopo di avvicinare l’opera ai più giovani. Ecco la mia video intervista a Matteo montata da Federica.
La mia definizione di transmedia
Tante le suggestioni da Alex McDowell a Karine Halpern e molto è raccolto nello storify curato da Simon Staffans ma eccomi di nuovo alla domanda che avevo posto all’inizio del viaggio. Cos’è il transmedia?
Alla luce di quanto vissuto in questi giorni la definizione che corrisponde maggiormente alla mia è
Il transmedia storytelling è una tecnica nuova utilizzata per raccontare tramite diverse piattaforme multimediali dove artisti, produttori ed editori lavorano in team su una storia che si muove attraverso più strumenti multimediali, preferibilmente con il coinvolgimento e la partecipazione da parte dell’audience. Nel transmedia storytelling l’engagement con ogni media successivo amplifica e aumenta la comprensione, il divertimento e la partecipazione da parte dell’audience stessa.
Dopo aver salutato e ringraziato tutti, felice e nello stesso tempo dispiaciuta perché questa grande opportunità volge alla fine, sono pronta per riprendere un’altra volta il treno mentre sulla facciata di una vecchia casa a Renens ha inizio una nuova storia.
*Tutte le definizioni sono tratte da Transmedia. Storytelling e Comunicazione di Maximiliano Giovagnoli (Apogeo, 2013)
Differenza fra Cross-media e Transmedia
La distinzione [fra cross-media e transmedia] risiede nella natura delle storie e nel modo che usiamo per raccontarle. In questo senso, esistono:
- forme di narrazione che non cambiano nel momento in cui vengono declinate su più piattaforme (per esempio un cortometraggio distribuito nella stessa versione in una sala cinematografica, in streaming sul Web o in differita durante uno show televisivo);
- forme di narrazione che condividono gli stessi elementi narrativi e immaginativi (trame, personaggi, atmosfere…) ma cambiano a seconda della piattaforma editoriale sulla quale vengono distribuite (lo stesso cortometraggio potrebbe essere riscritto per esempio per una serie a puntate, o rielaborato per il cinema; il suo protagonista potrebbe diventare l’eroe di una serie di fumetti, mentre un personaggio secondario potrebbe essere il portavoce della storia sui social network…).
Il paradosso dell’autore (invisibile)
Nei racconti transmediali…l’autorialità va nascosta piuttosto che ostentata e la paternità del racconto dissimulata nella storia per offrire spazi d’azione all’audience piuttosto che ai creatori dell’universo immaginativo.
I 5 fattori dello storytelling transmediale
- la gestione dell’esperienza vissuta dal pubblico (individuale/sociale, attiva/passiva ecc.);
- la gestione dello spazio (reale, virtuale ecc.);
- la gestione del tempo (lineare, asincrono ecc.);
- la gestione dell’azione (interattiva, tradizionale, interoperativa ecc.);
- la gestione delle piattaforme coinvolte (tecnologiche, fisiche ecc.).
Creare un progetto transmediale
La creazione di un progetto transmediale deve sempre facilitare l’accesso del pubblico ai contenuti e stimolare la sua voglia di partecipazione e di condivisione. Per ottenere questo obiettivo esistono tre coordinate editoriali fondamentali:
- l’esplicitazione frequente di piccole parti della trama nei diversi media coinvolti;
- l’esposizione di un quadro chiaro dei rapporti che legano i diversi media, prevedendo aree di descrizione partecipabili dall’audience;
- la presenza di continui ganci narrativi (hook), punti di passaggio (bridge e touchpoint) e collegamenti ipertestuali (link) tra i diversi media coinvolti nel progetto.
La storia che si adatta all’audience
Campo di applicazione privilegiato di tutte queste forme di mutazione è sicuramente la polymorphic narrative, tecnica del racconto transmediale per mezzo della quale storie che utilizzano simultaneamente più media si adattano in itinere alle scelte compiute dal pubblico. Istanza prioritaria della polymorphic narrative è infatti quella di permettere agli autori-fruitori di abbandonarsi in modo incondizionato al flusso di storie, avventure e suggestioni intervenendo su di esse in modo sinergico.
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