La comunicazione scientifica diventa social

scienza e social media

Un anno fa ricevetti una telefonata da Davide Ederle, attuale direttore di Prometeus, la rivista di divulgazione scientifica dell’ Associazione Nazionale dei Biotecnologi Italiani (ANBI). Davide aveva un progetto in testa, voleva trasformare questa rivista di settore in un webzine fatto da e per biotecnologi, che sapesse cogliere tutte le potenzialità del web 2.0, e che fosse disegnato attorno ai social networks per poterne sfruttare le interazioni. Parlammo per oltre un’ora, lui e i suoi collaboratori cercavano il confronto con persone del settore per limare il progetto che avrebbe portato alla creazione di uno spazio virtuale di informazione e diffusione delle idee, ma anche e soprattutto, di incontro e di dialogo tra biotecnologici.

Mi incuriosì molto, perché allora, in Italia, era quasi pioneristico usare i social media per parlare di scienza, al massimo si usavano per promuovere qualche articolo, in una comunicazione uno a molti, ma l’interazione attraverso queste piattaforme non era certo cosa gradita alla torre d’avorio della scienza.

Questo progetto, che aveva tutte le caratteristiche di una start-up, è decollato a gennaio e in pochissimi mesi Prometeus è diventata una rivista di successo, scopriamo come con il suo direttore editoriale: Davide Ederle.

L’intervista

Prometeus è stata ridisegnata attorno ai social media nel 2012, a distanza di un anno, ritieni che sia stata la scelta giusta o hai maturato delle riserve? 

davide ederle

Davide Ederle
Direttore di Prometeus Magazine

Quando a gennaio siamo partiti con la versione 3.0 di Prometeus la nostra scelta è stata di puntare tutto sulla socializzazione. Vedevamo in sostanza la rivista come una sorta di contenitore, il cui veicolo di diffusione era costituito dai media sociali. Il sistema ha funzionato, oggi oltre il 90% delle conversazioni sui nostri articoli si sviluppano proprio sui social media. Principalmente su Facebook, ma anche Twitter sta crescendo molto bene, anche se più lentamente.

Cosa rende Prometeus diverso dagli altri magazine scientifici online?

C’è tanta scienza in rete, anche di medio-alta qualità, differenziarsi in un mercato così saturo è difficile. Prometeus ha deciso di puntare su 2 elementi a nostro avviso caratterizzanti in questo contesto: sinteticità e fruibilità. I pezzi di Prometeus, come quelli di molti altri, cercano, sperando di riuscirci, di essere scientificamente rigorosi e di citare sempre le fonti originali, ma anche di usare un linguaggio accessibile a (quasi) tutti e soprattutto di “venire subito al punto”, far capire immediatamente al lettore di che cosa si sta parlando e del perché è importante parlarne.

Quali sono state le scelte editoriali che a maggio di quest’anno hanno “segnato l’ingresso di Prometeus nel mondo della comunicazione “di livello”?

Tra maggio e giugno di quest’anno Prometeus ha fatto, se vogliamo, il salto di qualità trasformandosi da una rivista per soli biotecnologi in una rivista per chi vuole capire la scienza e anche la sua relazione con l’attualità. Questo è stato possibile grazie a due fattori, uno, a mio parere, decisamente positivo e uno decisamente negativo. Il primo è senza dubbio costituito dalla redazione di Prometeus che, pur essendo molto giovane, ha mostrato una competenza e una capacità di comprendere e discutere dell’attualità scientifica eccezionali. Il secondo è rappresentato dalla bassa qualità del dibattito scientifico in corso nel nostro paese. Se fino ad un anno fa, escluso il fronte degli OGM, la scienza passava inosservata al grande pubblico, in questi mesi tutto è cambiato e si è cominciato anche a parlare di sperimentazione animale, di cellule staminali e del ruolo che la scienza ha e dovrebbe avere nella nostra società. Prometeus ha voluto dare il suo contributo dando voce ai ricercatori che faticavano a trovare spazio sui media tradizionali. L’abbiamo fatto raccontando l’assalto degli animalisti agli stabulari dell’Università di Milano (pezzo per cui siamo stati citati anche da Nature), il caso Vannoni e Stamina, le manifestazione dei ricercatori dell’1 e del 8 giugno, e molto altro ancora.

Quali suggerimenti daresti a chi vuole replicare questa esperienza?

Costruire una rivista non è facile, mantenerla viva ancor più difficile. Prometeus ha avuto dalla sua il supporto dell’Associazione Nazionale Biotecnologi (ANBI), di cui è la rivista ufficiale, e la fortuna di riuscire a costruire una redazione di persone motivate, affiatate e soprattutto umili, disposte ad imparare. Comunicare è una forma d’arte, si può essere dotati, ma senza la pratica e i trucchi del mestiere non si va lontano. A chi volesse cimentarsi in qualcosa di analogo mi sento di dire che è necessario sperimentare e non smettere mai di imparare. Prometeus è nato nel 2004 come rivista digitale diffusa in .pdf, poi si è trasformato in un webmagazine, ora è diventato un social magazine, domani sicuramente sarà ancora diverso e io credo migliore di com’è oggi.

Che figure professionali suggeriresti di cercare?

Io a chi collabora con me non ho mai chiesto il CV, ho chiesto piuttosto competenza, intelligenza, passione e voglia di imparare a raccontare la scienza con coscienza. Questo per me è l’indispensabile. Il resto può essere a volte necessario, ma perlopiù è superfluo.

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Autore Cristina Rigutto

Laureata in economia, Master in comunicazione delle scienze, speaker, sono docente (e scrittrice) di comunicazione visiva e comunicazione scientifica digitale, e tengo corsi e seminari di comunicazione per la ricerca e di comunicazione in pubblico, tra i quali il coaching relatori al TEDx Padova. Studio, ricerco, e sperimento costantemente, strumenti e modelli di comunicazione visiva applicabili alla comunicazione scientifica via social media. Cristina Rigutto on Google+

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