La decontestualizzazione ai tempi del web: da Duchamp a Sad Keanu

Decontestualizzazione nel web

Se dovessi descrivere il mondo del web con una metafora lo definirei come una foto ad altissima risoluzione e ciò con cui entriamo in contatto nella nostra attività on-line come i singoli pixel di questa foto.

Tutti i giorni ci imbattiamo in immagini, video, suoni, testi: singoli frammenti di un universo di cui è difficile tracciare dei confini definiti. Per chi “vive la rete” per lavoro o anche ludicamente dovrebbe essere un dato abbastanza scontato.

Questa frammentazione, tratto distintivo dei nostri tempi, per me rappresenta uno stimolo e una sfida: la ricostruzione di una possibile visione d’insieme e la definizione di un possibile metodo attraverso la comprensione di alcune dinamiche che stanno dilagando sul web.

Una sfida incominciata con i miei precedenti post, dedicati rispettivamente alle possibilità creative del loop e alla ricostruzione della storia e diffusione virale del poster Keep Calm and Carry On.

Alla base di entrambi i fenomeni vi è un concetto tipico della cultura digitale: la decontestualizzazione.

Decontestualizzare:  Togliere, isolare un oggetto o un fenomeno dal proprio contesto.

Prima di spiegarti perché ho deciso di partire da questa definizione però facciamo un passo indietro di circa un secolo e usciamo dal mondo on-line.

Duchamp, il ready-made e la decontestualizzazione artistica

1917. Sotto lo pseudonimo di R. Mutt e in incognito, l’artista francese Marcel Duchamp presenta alla prima esposizione della “Società degli artisti indipendenti” di New York, di cui era anche giurato, un’opera intitolata “Fountain”.

Fountain - Duchamp

Opera d’arte? Lascio la domanda volutamente senza risposta per ora.

“Fountain” appare ai nostri occhi come un orinatoio rovesciato, posizionato su di un piedistallo e con la firma dell’artista in bella vista. Punto.

Ma c’è dell’altro. “Fountain”  non può essere analizzata solo dal punto di vista estetico. L’opera è una delle massime espressioni dell’arte concettuale e allo stesso tempo provocazione e presa in giro. Un cortocircuito.

Con Duchamp non è più importante l’intervento diretto dell’artista che crea e plasma un’opera, come secoli e secoli di pittura e scultura ci hanno insegnato, quanto più la sua scelta di individuare un oggetto già esistente e infondere su di esso un valore artistico. E sono proprio oggetti già “pronti all’uso” (da qui la nascita del cosiddetto ready-made) a diventare opere d’arte, estratti dal proprio contesto di partenza e ricollocati all’interno di un ambiente che favorisce la fruizione di opere, quali musei e mostre.

Naturalmente la questione non è così semplice ma non è importante per me in questo momento dare una definizione di come le opere ready-made possano essere accettate o descritte dettagliatamente attraverso le valenze simboliche di cui si fanno carico. Ciò che mi preme sottolineare è come, attraverso Duchamp, anche l’oggetto più insignificante, decontestualizzato, possa dare una spinta fortissima alla definizione di un concetto “universale” come in questo caso l’arte concettuale.

La strada è tracciata. Anche un frammento di realtà può vivere di vita propria e diventare opera d’arte attraverso un intervento di decontestualizzazione e ricontestualizzazione artistica.

Il Cinema, la tv e l’immaginario collettivo

Con l’evoluzione della tecnologia  sono i nuovi mezzi di comunicazione ad appropriarsi dello sguardo sulla realtà. Il cinema prima e la televisione poi hanno tentato e tentano tutt’ora di descrivere ciò che ci circonda, e a volte anche ciò che non esiste, attraverso inquadrature, frasi e colonne sonore.

I frammenti cinematografici.

Quante volte hai sognato, ti sei commosso o hai riso ripensando ad una singola scena di un film? Alcuni esempi rapidissimi che hai di sicuro nella tua testa: l’abbraccio di Titanic, De Niro che parla davanti allo specchio in Taxi driver, la creazione del vaso di Ghost, il ballo di Jonh Travolta e Uma Thurman in Pulp Fiction, la lettera di Totò e Peppino ecc.

Ma non solo. Quante volte hai citato o hai ripensato ad una frase tratta da un film?

Altro elenco rapidissimo: “Houston abbiamo un problema”, “Al mio segnale scatenate l’inferno”, “Sei solo chiacchiere e distintivo”, “Adrianaaa!”, ecc.

Questi esempi dimostrano come il cinema ha saputo creare dei momenti così forti, così significativi da entrare nell’immaginario collettivo e nella memoria delle persone.

Prendi ad esempio questa scena:

Di sicuro l’avrai vista e citata tantissime volte. Ma sai da quale film è tratta? Forse no.. Il cinefilo (e non solo lui, anch’io) ti inviterebbe a colmare la lacuna con la visione de “I Vitelloni” di Federico Fellini – film in cui Alberto Sordi non è nemmeno protagonista.

Ma quanto è importante sapere da quale film è tratta?

Questo frammento ha una sua fama propria, può essere considerato come una delle scene più famose del cinema italiano, da vedere e rivedere all’infinito, ma anche come emblema universale di sfottò.

Facciamo un passo in più. Lasciando da parte il caso in cui questa scena venga vista singolarmente, se venisse presa così com’è e inserita attraverso un lavoro di montaggio in un documentario su Alberto Sordi o subito dopo una scena del “politico di turno in barca o in auto blu”, di sicuro assumerebbe un significato completamente diverso.

Il montaggio video, e programmi televisivi come “Blob” lo dimostrano, assume quindi un ruolo chiave nella costruzione di un concetto o di un’emozione, attraverso decontestualizzazione e ricontestualizzazione di singoli spezzoni.

Gli elementi decontestualizzati del web: i meme

Dalle scene ai frame

Se da un film o un video estraessimo, invece che una scena, un singolo frame, una singola immagine e la collocassimo su di un media con “infinite” possibilità come il web ecco che potremmo trovarci davanti ad un fenomeno virale. Un meme. Un frammento che insinuandosi riesce ad assumere un suo ruolo nella cultura digitale.

E’ quello che è successo a Gene Wilder ad esempio.

Creepy Wonka original

Sono bastate delle semplici scritte divertenti aggiunte ad un’immagine estrapolata dal film “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato”, in cui Gene Wilder sorride sornione, a decretare un successo planetario, un fenomeno del web con un nome ben definito “Creepy Wonka” (o “Condescending Wonka”).

Meme creepy wonka

Meme willy wonka

L’elemento chiave di questo successo è di sicuro la facilità di creazione, replicabilità e diffusione ma anche e soprattutto l’elaborazione creativa del “popolo del web”, capace di riscrivere un nuovo significato.

Creepy Wonka non è l’unico meme che ha queste caratteristiche. La decontestualizzaizone di singole immagini associate a scritte divertenti è un fenomeno abbastanza diffuso, ci sono passati anche Fry di Futurama o il giocatore di basket Yao Ming.

Un fenomeno che ha fatto nascere anche dei siti dedicati alla creazione di memepronti all’uso”.

Sad Keanu e la ricontestualizzazione “photoshoppata”

Nel maggio 2010 l’attore Keanu Reeves viene fotografato mentre sta mangiando un panino seduto da solo su di una panchina. La fotografia coglie l’attore in un momento in cui ha uno sguardo malincolico e pensieroso.

Sad keanu original

Già nel giugno del 2010 su internet impazza “Sad Keanu”. I “mattacchioni di photoshop” di tutto il mondo, come mi piace definirli, iniziarono a creare nuove versioni della fotografia con il ritaglio dell’attore applicato nelle situazioni più disparate.

Sad keanu reeves meme

sad keanu meme

Sad keanu meme

Il fotoritocco si dimostra così ideale per la creazione di nuove immagini da riprodurre e diffondere come meme virali.

La content curation e la ricontestualizzazione strategica

Internet è anche il luogo delle informazioni e delle risorse. Blog, testate giornalistiche, forum, siti di informazione sono gli strumenti attraverso i quali chiunque può esprimere la propria opinione, pubblicare un concetto o narrare una storia. Allo stello livello, piattaforme come Youtube permettono di reperire materiali multimediali di tutti i generi.

Ma la diffusione di massa del mezzo ha un rovescio della medaglia: l’overload informativo. Riuscire a dare il giusto valore alle risorse di qualità e non essere sopraffatti dalle informazioni è diventato un imperativo comune.

E’ proprio da questa esigenza che nasce la content curation – la cura del contenuto.

 Il content curator è colui che in base alla propria esperienza raccoglie determinati articoli e risorse su di un argomento preciso per metterle a disposizione del proprio pubblico. Non solo catalogazione ma anche filtro e soprattutto scelta. Un’attività in cui è necessaria non solo competenza ma anche abilità nel saper presentare al proprio utente le risorse migliori.

Esistono molte piattaforme nate per colmare quest’esigenza come scoop.it, tumblr, pinterest ecc.

Nel caso della content curation l’estrapolazione e la riorganizzazione delle risorse sono l’elemento chiave di una strategia di visibilità ad esempio.

Decontestualizzazione e ricontestualizzazione

Dopo questi esempi, slegati solo apparentemente tra di loro, dovresti aver capito che in un universo immenso e frammentato come il web la definizione di una delle tante dinamiche può diventare la chiave per padroneggiare attivamente questo caos attraverso la definizione di un metodo.

il metodo ricavato dall’osservazione della decontestualizzazione è abbastanza semplice:

  • Focalizzarsi su di un elemento: una foto, un video, una scena, una frase, un oggetto. Questa fase di scelta è fondamentale.
  • Decontestualizzare l’elemento dal suo habitat naturale.
  • Inserire, ricontestualizzare l’elemento in un ambiente nuovo. La scelta deve essere dettata da un’esigenza creativa, estetica o strategica.

Una ricetta che ha decretato il successo non solo degli esempi citati ma anche del book crossing, di alcuni outfit tanto cari alle fashion blogger, di un dinosauro su Instagram, della testata di Zidane a Materazzi o di un pupazzetto di Batman in Texas, ma l’elenco potrebbe continuare ancora.

Non dimenticarti però che il web non è un media a se stante ma l’evoluzione amplificata, con tempi molto più rapidi, di fenomeni che fanno parte delle esperienze off-line e della storia.

Ti è venuta voglia di scegliere e decontestualizzare?

Ah ultimo consiglio..cerca di porti un obiettivo, un po’ come chi riuscì a far credere al mondo di aver creato un’opera d’arte da un orinatoio 🙂

STARTER BOX

Understandig duchamp: una biografia visuale su Marcel Duchamp

Know your meme: bibbia per tutti quelli che hanno la curiosità di scoprire l’origine e la diffusione di ogni meme

Meme generator: un agile tool per la creazione di meme on-line

Sad Keanu: una collezione delle parodie dedicate al triste Keanu Reeves

Content curation: un approfondimento sulla cura del contenuto a cura di Robin Good

Autore Maurizio Brandolini

Grafico / web designer ovvero colui che dipinge e crea layout, interfacce e grafiche di progetti on-line. Attualmente gestisco assieme a due colleghe la web agency Tre W e insegno web design a ragazzi di seconda e terza superiore presso il CNOS FAP Valdocco di Torino. Appassionato della creatività visuale. Uno scenografo del web che sui social si traveste da scienziato del colore. What does it means to be creative?

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