Qualche giorno fa mi sono imbattuto nel breve articolo How redesigning an icon is changing perceptions worldwide – tratto dal sito webdesignerdepot – che ha destato il mio interesse. Dopo aver approfondito il tema, eccomi a raccontare una storia con un messaggio ben chiaro: come il design può essere portatore di spinte culturali e sociali come per il redesign del simbolo universale dell’accessibilità.
Pittogrammi e linguaggio universale
La creazione di un linguaggio universale è una di quelle idee che da sempre affascinato l’uomo. Dall’esperanto alla matematica, dalla musica al cinema, in molti hanno provato ad unire persone con lingue, culture ed età differenti.
Un tentativo verso questa grammatica universale è la rappresentazione grafica di messaggi, concetti e parole attraverso la pittografia. A differenza della grafia, la pittografia esprime e comunica un concetto, un’idea, un’informazione (il significato) in modo rapido ed immediato attraverso l’uso di segni grafici e/o immagini (il significante).
Un esempio su tutti: i pittogrammi sportivi per le Olimpiadi e le Paraolimpiadi che permettono agli spettatori di tutto il mondo di identificare le varie discipline sportive.

Pittogrammi realizzati per le Olimpiadi 2016 – http://www.rio2016.com/en/pictogram
Un pittogramma comunica universalmente solo nel momento in cui la comprensione del messaggio diventa facilmente riconoscibile grazie a segni grafici semplici e culturalmente neutrali.
Tralasciando l’aspetto ludico di chi è riuscito a raccontare o a sintetizzare delle storie attraverso i pittogrammi, nella vita quotidiana siamo circondati da rappresentazioni iconiche che sono ormai entrate nella memoria collettiva.
Pensa ad un aereoporto: luogo (o non-luogo) in cui persone provenienti da tutto il mondo possono interagire con lo spazio solo osservando frecce e simboli grafici che indicano facilmente vie d’uscita, toilette, ingresso del gate, deposito bagagli, ristorante e parcheggi senza fraintendimenti o infinite richieste di assistenza agli operatori.

CC BY 2.0 https://www.flickr.com/photos/mpd01605/3402449525/
Ecco quindi che il pittogramma si colloca nella dimensione della pubblica utilità: persone di ogni cultura ed età possono muoversi grazie ad un linguaggio universale. È stata questa esigenza che ha portato un istituto organizzativo internazionale come l’ISO – International Organization for Standardization – alla definizione del documento ISO 7001 aggiornato al 2007: un alfabeto standardizzato che contiene tutte le specifiche per la rappresentazione di simboli grafici per la pubblica utilità (segnali dei parcheggi, punti informativi, toilette, ecc.)
Voglio soffermarmi su di uno di questi simboli contenuti e regolamentati dall’ISO 7001: il simbolo internazionale dell’accessibilità – International Symbol of Access – diffuso in tutto il mondo con il nome di Wheelchair Symbol.
Il Wheelchair Symbol
1968. L’istituto Rehabilitation International – un ente dedicato alla promozione dei diritti e della sostenibilità in favore delle persone con disabilità – organizza la conferenza Promotion of Non-Handicapped Physical Environments for Disabled People. Tra i temi discussi emerge l’esigenza di creare un simbolo universale che indichi luoghi e percorsi accessibili anche alle persone con disabilità dato che molti Paesi si erano già dotati di una propria iconografia dedicata.
La discussione divenne il punto di partenza per la promozione di un concorso il cui fine era la creazione di un pittogramma identificabile a distanza, auto-esplicativo, graficamente semplice, pratico e senza doppi significati.
Il concorso fu vinto nel 1969 da Susanne Koefoed, una giovane designer danese che presentò un logo in cui l’accesibilità veniva rappresentata da una carrozzina stilizzata. L’immagine fu successivamente modificata da Karl Montan, membro della commissione del Rehabilitation International per gli ausili tecnici, che aggiunse un cerchio alla figura disegnata da Susanne, a simboleggiare una testa e quindi la figura umana.
Grazie anche al supporto delle Nazioni Unite, quel pittogramma si diffuse globalmente fino a diventare il simbolo internazionale dell’accessibilità inserito tra gli standard rilasciati dall’ISO. Un simbolo universalmente compreso e ormai entrato nell’immaginario collettivo.
La rappresentazione grafica di una singola disabilità, quella motoria, viene tutt’ora associata a tutti i tipi di disabilità: una sineddoche che esprime paradossalmente non solo la disabilità ma anche l’accessibilità.
Questa storia incrocia qualche anno fa il suo destino con attivismo, street art e design tanto che prende una nuova via.
Accessible Icon Project
2010. La giovane artista Sara Hendren di Cambridge, Massachusetts, e Brian Glenney, professore di filosofia al Gordon College, accomunati dalla sensibilità verso le problematiche legate alle persone con disabilità decidono di unire le forze per generare conversazione e dibattito intorno a questo tema.
L’iniziativa nasce quasi per caso. Ispirati da una rivisitazione più dinamica del logo capirono che il tentativo di portarlo il concetto di disabilità ad una visione più positiva poteva partire proprio da un cambio iconografico.
La prima azione del loro attivismo è una forma di guerrilla street art: incollarono una serie di adesivi trasparenti sui cartelli dei parcheggi riservati alle persone con disabilità di Boston sovrapponendo così al wheelchair symbol, percepito come rigido e inespressivo, una figura in posa dinamica e attiva.

Image from: http://ablersite.org/2014/03/05/against-re-branding-against-placebo-politics/
Durante questa prima fase del progetto l’obiettivo fu generare discussioni in grado di restituire dignità alle persone attraverso un cambio di mentalità che passa dall’esperienza visuale. Un’idea costruttiva ed incoraggiante che genera subito simpatie ed approvazione anche al di fuori degli Stati Uniti.
Un riscontro inaspettato che si trasforma in una richiesta precisa da parte dei sostenitori dell’iniziativa: la proposta di un nuovo simbolo che rappresenti l’accessibilità ma che rispetti anche la dignità delle persone.
Sara e Brian accettano la sfida e, con l’aiuto del designer Tim Ferguson-Sauder, creano nel 2013 The Accessible Icon Project: un nuovo pittogramma universale per l’accessibilità in continuità con il precedente ma che mostra la dinamicità della persona.
Più volte l’amico Massimo Benedetti mi ha chiesto se un logo nella sua immediatezza può raccontare una storia. Tradurre in italiano la descrizione delle peculiarità del pittogramma dal sito ufficiale del progetto è l’esempio più calzante per rispondere affermativamente a quella domanda. Ogni singolo dettaglio concorre alla costruzione di un racconto che vuole rivoluzionare la mentalità delle persone e di conseguenza il mondo dell’accessibilità.
1. Posizione della testa
La testa è in avanti per indicare il movimento della persona nello spazio. È la persona che “guida” e controlla la sua mobilità.
2. L’angolo del braccio
Il braccio “punta” all’indietro per suggerire il dinamismo di una persona (anche se) sulla carrozzina. Raffigurare il corpo in movimento rappresenta simbolicamente la possibilità di esplorazione attiva del mondo.
3. Le ruote tagliate
I tagli angolari bianchi rappresentano la ruota come se fosse in movimento. Questi tagli sono utili anche per la creazione di matrici da utilizzare per la verniciatura con spray. Avere solo una versione dell’icona consente agli spettatori di capire più chiaramente il messaggio di cui si fa portatore.
4. Gli arti
La rappresentazione della figura umana è coerente con i pittogrammi presenti nell’ ISO 7001: modifiche troppo radicali all’icona universalmente riconosciuta avrebbero potuto generare confusione.
5. La posizione delle gambe
La gamba è spostata in avanti per aver maggior spazio con la ruota. Un’operazione che consente maggiore leggibilità e la possibilità di applicazione dell’icona come stencil.
Il successo
Dal momento della sua nascita, il pittogramma non ci ha messo molto a travalicare i confini di Boston. Grazie all’attenzione dell’organizzazione no-profit Triangle, all’intraprendenza dei sostenitori e di alcuni sindaci, l’idea di Sara e Brian (ormai coadiuvati da un team di attivisti) ha preso piede tra le comunità che si occupano di diritti civili fino ad arrivare a New York e al Commissario dell’Ufficio del Sindaco per le persone con disabilità, Victor Calise.
Un successo globale che ha portato il progetto di redesign anche al MOMA di New York all’interno della mostra permanente “A collection of Idea”, a fianco di altre rivoluzioni iconografiche come la chiocciolina (@), simbolo della comunicazione all’epoca del web.
Oltre il design
Ma la storia non finisce qui. Il successo e la diffusione globale dell’Accessible Icon Project, sebbene ancora non riconosciuto ufficialmente dall’ISO, ha sollevato anche una serie di dubbi.
Tralasciando il desiderio di chi – me compreso – vorrebbe contesti urbani totalmente accessibili in base ai principi dell’Universal design, nella blogosfera ho notato la ricorrenza di alcune domande riguardo il progetto:
- Considerando che il wheelchair symbol è ormai riconosciuto universalmente, c’era veramente bisogno di un redesign?
- Non è meglio dedicarsi ad attività dirette di inclusione sociale piuttosto che cambiare il simbolo?
- Perché nel momento in cui si propone un nuovo standard internazionale si lascia intatto l’aspetto generico e la sineddoche della disabilità motoria che rappresenta tutti i tipi di disabilità?
- Perché l’icona rappresenta solo le persone autosufficienti?
Le domande sono tutt’ora aperte anche se la stessa Sara ha cercato di rispondere ad alcune critiche sul proprio blog. Quello che però emerge da queste domande è un’attenzione focalizzata solo sul design del logo mentre il progetto non nasce solo come redesign ma abbraccia i valori e la necessità di un dibattito. L’icona non è altro che il fulcro catalizzatore dell’attenzione ma ciò che comunica è la spinta al rispetto della dignità della persona e all’Accessibilità con la “A” maiuscola e nel senso più generico possibile.
Conclusioni
In conclusione Accessible Icon Project non è altro che una tappa nel processo di evoluzione dell’inclusione sociale, un tentativo di lanciare un messaggio positivo attraverso un’attività visiva (potere del design!). Un passaggio che lascia aperte molte possibilità, evoluzioni e apre discussioni sul tema.
Accessible Icon Project si colloca parallelamente ad almeno un’altra conquista sociale: la rivoluzione del lessico relativo alla disabilità. Molti sono i tentativi di estirpare dal linguaggio le parole che fino a qualche anno fa ricorrevano: portatore di handicap, invalidi, handicappati, disabili, diversamente abili, ecc. – forme di discriminazione implicite che (ahinoi) sopravvivono tutt’ora.
Segni che dimostrano come la cultura e il rispetto delle persone passano anche, e necessariamente, dall’evoluzione della forma visiva o lessicale che sia.
Tu che ne pensi? Il design può favorire veramente rivoluzioni e conquiste sociali?
STARTER BOX
Accessible Icon Project: sito ufficiale del progetto di redesign del pittogramma che esprime universalmente l’accessibilità.
Didatticarte: approfondimento sui pittogrammi.
Rehabilitation International: la storia del Wheelchair Icon raccontata dai promotori.
Ablersite: blog di Sara Hendren.
The Noun Project: la storia dell’Accessibile Icon Project raccontata da Sara Hendren.