MOOC – Massive Open Online Courses – fra marketing e filantropia

UNESCO crede che l’accesso universale all’alta formazione sia un fattore chiave per la costruzione di pace, sostenibilità sociale, sviluppo economico e dialogo interculturale.

L’UNESCO apre con queste parole la sezione sul sito dedicata alle OER – Open Educational Resources inaugurata dopo la dichiarazione di Parigi del 2012. Il 2012 in effetti è stato l’anno di quella che molti hanno definito la democratizzazione dell’accesso alla formazione grazie all’eplosione del fenomeno MOOC – Massive Open Online Courses – portato ad un successo globale con le esperienze di Coursera, Udacity, edX e Khan Academy. Il corso Introduction to Artificial Intelligence, tenuto nel 2011 da Peter Norvig e Sebastian Thrun davanti a 175 studenti di Stanford e oltre 160 mila via web, è accettato convenzionalmente come fattore scatenante dell’interesse verso i MOOC. Lascio quindi alle parole di Norvig la spiegazione dell’acronimo:

Massive indica migliaia e anche più di partecipanti.
Open significa che l’ammissione è di solito consentita a chiunque, talvolta indica anche che i materiali del corso sono privi di copyright e possono essere condivisi.
Online significa che non c’è una classe fisicamente presente, sebbene spesso gruppi di studenti si incontrino in presenza.
Courses significa che il programma del corso implica più di una sessione (un video su YouTube su come riparare una ruota è istruttivo ma non è un corso). I corsi possono far parte – o meno – di un curriculum più vasto e possono essere – o meno – accreditati con un attestato ufficiale.

Il fenomeno si è sviluppato sul fertile terreno di Open Courseware e OER, i materiali didattici messi a disposizione gratuitamente dagli atenei. Rispetto questi la differenza sostanziale è nella ciclicità, nella community che si crea sui forum, nell’interazione con docenti e tutor e nella possibilità di richiedere crediti formativi e attestati ufficiali: dei veri e propri corsi che dalle aule fisiche si trasferiscono on the cloud ma gratis. Non stupisce che l’ondata arrivi dagli USA dove il debito complessivo degli studenti per la formazione supera la cifra che l’insieme delle famiglie deve alle banche per l’uso delle carte di credito.

MOOC - Infografica su offerta e domanda, provenienza degli studenti e genere di corsi offerti (fonte > Online learning: Campus 2.0 su Nature)

MOOC – Infografica su offerta e domanda, provenienza degli studenti e genere di corsi offerti (fonte > Online learning: Campus 2.0 su Nature)

Rispetto questo fenomeno, al quale The New Yorker ha dedicato una delle sue inconfondibili copertine, la platea si divide fra apocalittici e integrati. C’è chi sostiene che i MOOC – per via di matrici e format occidentali – siano uno strumento di neo-colonialismo culturale e un modo per lasciare la vera alta formazione solo ai pochi che potranno permettersela. E chi sostiene che categorie svantaggiate come persone con disabilità, in carcere e/o che vivono in Paesi emergenti hanno in questo modo accesso all’unica via verso l’alta formazione gratuita. Vale la pena mettere sul piatto della bilancia il fatto che la connessione veloce, parte fondamentale per usufruire dei MOOC, non arriva ovunque nel mondo e che non sempre dove arriva è garantita la libertà di usufruirne in pieno tanto che la Cina, grazie ad accordi con EdX e Coursera, avrà le sue piattaforme Xuetangx e Coursera Zone. Per problemi di lingua ufficialmente.

Come funzionano i MOOC?

Se avete voglia di provare sui vostri neuroni l’ebbrezza di seguire un corso (d)a Stanford potete iscrivervi gratuitamente a Coursera in compagnia di 5,277,065 studenti, in alternativa avete a disposizione gli 85 corsi offerti dai 30 partner di edX, fra cui MIT e Harvard, quelli di Udacity oppure di Khan Academy che seppure non è un consorzio di atenei vanta a sua garanzia finanziatori come Google e la Bill&Melinda Gates Foundation.

Il funzionamento, più o meno simile per tutte le piattaforme, prevede l’iscrizione via mail, la spunta dei termini di servizio e del codice d’onore per Coursera e edX in cui vi impegnate a non barare, la scelta di uno o più corsi dal proprio account. Ogni corso è descritto da una scheda dettagliata e alcuni materiali si possono consultare liberamente. Vale la pena dare una sbirciata alla struttura dei corsi di Khan Academy e, se siete insegnanti, potete iscrivere la vostra classe e sperimentare insieme l’esperienza dei MOOC.

Le video lezioni durano in media una decina di minuti perché online, come nota il prof. Gregory Nagy di Harvard, la soglia di attenzione è molto più breve rispetto quella della platea che lo ascolta dal vivo parlare di Omero. Per il resto Staglianò, scrivendo della sua esperienza su Coursera, riporta che la spiegazione viene interrotta da quiz a risposta multipla e non prosegue fino a che non si sono compresi i concetti. A chiusura lezione di nuovo dei quiz a risposta multipla corretti da un software valutano la comprensione dell’argomento mentre quelli a risposta aperta vengono valutati fra pari ovvero dai compagni di corso con risultati più affidabili rispetto alla valutazione via prof.

Il modello di business dei MOOC

Peter Norvig ammette che un MOOC al docente costa da 3 a 10 volte il tempo di lavoro rispetto lo stesso corso in aula e la ricerca di Raffaghelli, Ghislandi e Yang mette in luce i motivi di sconforto (e di resa) da parte di chi studia: sensazione di smarrimento, necessità di supporto nella focalizzazione dei contenuti, ritmo incalzante e non personalizzabile dei corsi. Un tasso di abbandono che Time riporta intorno al 90%. Eppure gli investimenti continuano a piovere sui MOOC e da quest’anno anche i nostri prestigiosi atenei La Sapienza e Bocconi si sono messi alla prova su Coursera. Tutto merito di filantropia e ritorno d’immagine? Non proprio se il 2013 è stato per le principali piattaforme MOOC l’anno della ricerca di un modello di business sostenibile.

Coursera con il suo programma Signature Track, che prevede un canone da 30 a 100 dollari per l’attestato di fine corso, ha racimolato 1 milione di dollari. Altre entrate derivano dal far consultare alle aziende il database degli studenti e proporre l’uso della piattaforma alle università dietro un canone per la personalizzazione più una percentuale per ogni studente iscritto. Sempre in tema di dati, su edX leggiamo che l’ambiente online di apprendimento equivale ad una potente piattaforma per condurre esperimenti, fare ricerca su come gli studenti apprendono e come poter usare al meglio nuovi strumenti e tecniche. Keller aveva citato questo punto fra i vantaggi dei MOOC nel suo talk al TEDGlobal del 2012 e guarda caso la Bocconi, recentemente entrata in Coursera, ha inaugurato a dicembre dello scorso anno il laboratorio BETA in cui propone attività che favoriscono l’insegnamento. Sempre edX mette in conto la possibilità in futuro di offrire spazio e supporto tecnico sulla propria piattaforma ad altre organizzazioni. Udacity punta sulle partnership, come quella con il Georgia Institute of Technology per il Master’s degree in Computer Science: l’equivalente della nostra laurea magistrale per ‘soli’ 7000 dollari rispetto i consueti 2-300 mila: la notizia è stata così clamorosa che si è scomodato il Wall Street Journal con una video intervista.

Infografica che illustra le celebri piattaforme MOOC (fonte: The Chronicle of Higher Education)

Infografica che illustra le celebri piattaforme MOOC (fonte: The Chronicle of Higher Education)

Vince dunque il modello fremium dedicato agli studenti, nella formula corsi gratuiti ma certificazioni a pagamento, e quello premium dedicato ad aziende e università, nella formula accesso ai dati e uso in concessione della piattaforma.

Questo dal punto di vista economico ma da ex studente del Master in E-Learning e Produzione di Learning Object mi piacerebbe sapere che ne pensa dei MOOC chi i corsi su queste tre grandi piattaforme li ha vissuti sulla propria pelle come docente o discente.

STARTER BOX

La mia università? Su YouTube – Intervista a Salman Khan (di Gabriele Ascoli su Wired, 13 lug 2010)

Mi sono iscritto all’università online (di Riccardo Staglianò su Repubblica.it, 14 apr 2013)

Io ad Harvard ci vado online (di Federico Guerrini su L’Espresso , 17 aprile 2013)

Non è mai troppo tardi per iscriversi all’università (online) (di Raffaele Panizza su Wired, 2  settembre 2013)

La TED Playlist “Re-imagining school” con i talk, fra gli altri, di Salman Khan, fondatore di Khan Academy, Daphne Koller, co-fondatrice di Coursera, Peter Norvig, sul celebre corso che ha scatenato l’interesse sui MOOC.

I canali YouTube di Coursera, edX, Udacity e Khan Academy

Autore Rachele Muzio

Curo e coordino progetti online per università ed enti di ricerca. Lottare per anni con lo scarto fra ricchezza di idee e mancanza di fondi nel mondo della cultura mi ha portata a sperimentare soluzioni creative partendo dalla rete. Il mio blog Webpersignore è nato da questa spinta e Cowinning ne è il frutto migliore.

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