Molto tempo fa ho conosciuto su Twitter un cantante dal nome Ignazio Iuppa, che stava promuovendo il nuovo singolo della sua band, gli Unmask. Il brano era una cover di Teardrop dei Massive Attack davvero intensa che mi ha colpito fin dal primo ascolto. Da allora seguo molto gli Unmask ma Ignazio non è solo un cantante. Lui è un social media specialist e community manager che scrive come blogger per I Love Green. Ma non solo, perchè scrive come blogger e collabora anche per Brands Invasion. Fino al dicembre 2013 lavorava come resposabile marketing e comunicazione in una casa editrice di Roma ma la crisi colpisce duro e adesso Ignazio è alla ricerca di collaborazioni. Un social media specialist che è anche un cantante: chiamarlo in causa per parlare di come la musica e i social siano legati a doppio filo era un’occasione unica. Ignazio conosce bene il web e sa quanto può essere utile per un gruppo musicale che vuole emergere. Abbiamo parlato un pò e adesso scopriamo il cantante degli Unmask.
– Sara Stella –
Chi sono gli Unmask?
Gli Unmask sono un gruppo romano nel quale canto e suono i synth. Siamo nati nel 2006 e abbiamo all’attivo un album (autoprodotto) che si chiama “Sophia Told Me”, più di 60 concerti per l’Italia e un singolo, “Teardrop”, tributo ai Massive Attack, pubblicato lo scorso aprile (sempre autoprodotto) che su Youtube ha superato le 130 mila visualizzazioni.
Nella musica che suoniamo cerchiamo di far coesistere rock, metal, progressive e psichedelia.
Stiamo cominciando a lavorare sul secondo album e non vediamo l’ora di pubblicare e portare in giro le nostre nuove canzoni.
Quali difficoltà avete dovuto affrontare per affermarvi e cosa consigliereste a una band emergente in Italia per farsi notare da una casa discografica?
Forse la risposta più breve è: fare musica che piace alla gente e nella quale le case discografiche annusano potenzialità “commerciali”.
Il problema è che non credo che ci sia più una casa discografica disposta ad investire su un artista, ad attendere che maturi, che lo accompagni e lo consigli nel proprio percorso musicale. Diciamo che vogliono investire (senza rischio) su qualcuno che è già conosciuto dal pubblico.
Sembra la storia del “cercasi stagisti con esperienza” non è vero?
Purtroppo questo non è uno dei periodi migliori per farsi notare dalle case discografiche (se poi suoni un genere non proprio pop la cosa è quanto mai vera) e solo con l’appoggio del pubblico puoi sperare di farcela. Non a caso il crowdfunding è l’unica possibilità oggi a disposizione delle band per cercare di reperire risorse economiche per finanziare la propria attività.
Mi piacerebbe molto risponderti che ci siamo affermati ma ti direi una cosa falsa. Purtroppo la vita del musicista indipendente è durissima e molto faticosa e credere di essere affermati è l’errore più grande che si possa compiere.
Di buono c’è ovviamente la libertà artistica: non c’è nessuno che ti impone canzoni o scelte che magari potresti poco digerire. Devi solo rendere conto alla tua coscienza e ai fan che ti seguono.
Ecco, costruire una solida, coinvolta e fedele base di fan è l’altro consiglio che potrei dare.
Ma oltre a cercare di creare musica che possa in qualche modo piacere a chi l’ascolta e che possa soddisfare il tuo piacere nel farla, infatti, ti devi occupare di svariate altre cose: cercare date e organizzare concerti, organizzare e autofinanziare sala prove, produzione dischi, trasferte per l’Italia, pubblicità online e offline. Curare e coltivare il rapporto con i fan, cercarne di nuovi, cercare contatti e attirare l’attenzione degli addetti ai lavori.
Insomma, quello che in una casa discografica è lavoro di più persone, nella scena indipendente è nella mani della sola band.
Ovviamente siamo felici di avere buoni riscontri sia nelle serate live che nei giudizi sul nostro primo album. Ed è questo che ci sprona ad andare avanti.
Secondo te i talent show come X Factor possono essere realmente d’aiuto?
Dipende.
Io non demonizzo i talent a priori. Possono anche essere una buona opportunità di successo.
È chiaro che devono essere contestualizzati
Prima di tutto perché anche lì solo in pochi ce la fanno e non solo per il loro talento musicale: a determinarne la visibilità influisce soprattutto quanto sei spendibile come personaggio.
Nel music business della “canzone pop da hit parade”, la musica non conta poi così tanto perché un pezzo potrà essere pure non bellissimo ma se te la sparano sulle radio e in televisione per 5-6 volte al giorno, finirai inevitabilmente per canticchiarlo.
Dico questo perché penso che siano uscite bellissime voci dai talent ma il tipo di canzoni che si ritrovano a cantare esaltano poco o niente le loro doti canori (l’esempio di Chiara dell’edizione 2012 di X Factor è lampante secondo me).
Chi si affida ai talent per sfondare deve essere cosciente di quello che esige il pop italiano. E non è detto che il successo sia duraturo. Pochi giorni fa è uscito un post molto interessante su Wired che ci da l’idea di quanto certi “artisti” usciti dai talent vari siano dei fuochi di paglia e dei prodotti “usa e getta”. Un nome da sfruttare fino a quando le ragazzine non si innamorino di altri idoli.
Quali sono le aziende che, secondo te, sono più propense a sponsorizzare gruppi emergenti?
Se parliamo di gente famosa e conosciuta, un artista ha la stessa forza di un testimonial ed è cosi che è stato usato dai brand (tra gli ultimi casi TIM con Chiara).
Se parliamo, invece, di gruppi emergenti non penso ci sia un’azienda disposta a farlo.
Ci sono i casi di Becks o della Jack Daniel’s che sponsorizzano contest di musica per band emergenti, ma secondo me non è la stessa cosa, perché lì il fine ultimo ( forse sarò cinico), è cercare di attirare l’attenzione sulla marca e convogliare traffico ai siti facendo partecipare con le votazioni tutti gli amici della band che vengono spammati da preghiere di voto.
La prova del nove? Sfido chiunque a ricordare qualche vincitore di questi contest.
Se il fine fosse quello della sponsorizzazione qualche nome sarebbe dovuto rimanere noto in questi anni. Ma io non ne conosco nemmeno uno.
In un mondo normale diciamo che non sarebbe nemmeno il loro mestiere quello di finanziare band emergenti. Quello che mi potrei aspettare, invece, potrebbe essere che marche famose potessero andare in giro per la rete alla ricerca di musica interessante per i loro spot o le loro produzioni promozionali.
Tu sei un social media manager e il cantante del gruppo Unmask. In questo doppio ruolo cosa ne pensi della presenza dei musicisti italiani sui Social?
Per quanto riguarda gli artisti mainstream, i social vengono usati per consolidare un canale di vicinanza con i propri fan che sono ben lieti di seguire da vicino le attività dei propri idoli.
Come non citare il caso di Vasco Rossi su Facebook, in quel caso i social media si sono sostituiti alle agenzie stampa deputate a diffondere i comunicati ufficiali degli artisti.
Ricordi come ogni suo status era una notizia sui giornali?
Per gli emergenti rappresentano una risorsa preziosa per diffondere la propria musica, ottenere visibilità su canali più mainstream, costruire una solida fan base.
Negli altri paesi europei e negli Stati Uniti rappresentano davvero un trampolino di lancio per molti artisti. In Italia un po’ meno (vedi risposta numero 2). Nel nostro paese penso ai Cani, ai Power Francers che sono riusciti a capitalizzare le potenzialità della rete per ottenere una visibilità nazionale.
Grazie davvero a Ignazio per tutto quello che ci ha raccontato. A te sono piaciuti gli Unmask? E cosa ne pensi della promozione della musica sui social? Facci sapere la tua opinione qui nei commenti!
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