Di Social Network, Privacy e Normativa Italiana

Social Network Privacy Italia

Ho scelto di intervistare Massimo Melica non solo perché lo reputo uno dei massimi esperti di diritto applicato alle nuove tecnologie e lo stimo come professionista, ma anche perché la tutela dei propri dati in Rete in generale e nei Social Network in particolare è materia in continua evoluzione e di difficile comprensione.

Cerchiamo di rispondere, insieme a Massimo, alle domande più frequenti in merito.

– Veronica Gentili – 

1) Si parla tanto di “tutela della privacy” nei Social Network, ci aiuti a capire di cosa si tratta? Insomma, quali diritti abbiamo?

L’uso delle nuove tecnologie di comunicazione digitale ampliano, ma non modificano, la tutela dei diritti che gode una persona nella proiezione sociale della sua identità.

In Italia, l’art. 1 del Codice in materia di protezione dei dati personali, recita testualmente: “Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano.”; il principio fondante è quello di garantire a chiunque il “diritto e la tutela all’identità” ossia l’interesse della persona all’intangibilità della propria proiezione sociale.

I diritti che tutelano la reputazione, l’onorabilità, l’immagine della persona sono normati da sempre, oggi trovano un’applicazione, talvolta più complessa, nella società dell’informazione che, per la sua essenza, è più ampia e in continuo mutamento.

Nel nostro Paese, dal 2007 ad oggi, la tutela della persona-iscritta in Facebook non è migliorata in quanto sono state introdotte nuove e specifiche norme, ma perché è migliorato l’approccio dell’utente nell’uso dei propri dati.

Vige sempre, nella misurazione di ciò che posso o non posso fare su Facebook, il paragone del soggetto: solo, al centro di un campo da gioco in uno stadio affollato da centomila spettatori, che è chiamato a decidere sulla sua condotta. Davanti ad una folla oceanica il soggetto che tipo di azioni porrebbe in essere? Possiamo esser certi che, nel 99,9% dei casi, adotterà una condotta socialmente perfetta. Lo stesso principio deve valere quando siamo on line.

2) Condividiamo costantemente foto, pensieri, contenuti di altre persone. Come e quando ne violiamo la privacy? Insomma, in quali casi rischiamo di essere denunciati senza rendercene conto? Basta anche taggare su una foto una persona senza il suo consenso?

Non esiste una regola generica che possa farsi valere per ogni tipo di condotta, l’analisi deve essere sempre valutata caso per caso.

Immaginiamo, per esempio, che su Facebook venga pubblicata un’immagine sulla “caccia alla foca” che offenda i principi di una persona “taggata” fortemente contraria a questa pratica. In questo caso il “tag” rilevato, non viola l’immagine della persona che potrà disattivare la funzione del tag, senza lamentare alcuna violazione del proprio nome o della propria immagine.

Altro esempio: Tizio, contrario alla “caccia alle foche”, si vede taggato ad una fotografia in cui c’è la propria foto, una foca appena cacciata e la scritta: ”Tizio promuove la caccia alle foche”.

In questo caso Tizio potrà attivarsi per la tutela dei propri diritti di: immagine, reputazione, onorabilità in quanto ha l’interesse a non farsi attribuire, “mediante decontestualizzazione, offuscamento, alterazione, travisamento” atti, pensieri e affermazioni contrari a verità, veridicità, verosimiglianza.

3) Internet e quindi i Social Network, hanno una memoria infinita, come sono infinite le possibilità di diffusione e reiterazione dei contenuti che condividiamo, anche se cancellati in un secondo momento. Come si coniuga questo con “il Diritto inviolabile all’oblio”?

Il tema è attualissimo, recentemente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che è nel diritto dei cittadini europei richiedere ai motori di ricerca online l’eliminazione dalle loro pagine dei risultati di eventuali link che rimandino verso “contenuti non più rilevanti” che li riguardano.

Credo che a questa pronuncia ne seguiranno delle altre, occorre ancora confrontarsi sulle basi giuridiche e giurisprudenziali al fine di tutelare il diritto di cronaca, la libertà di espressione e il diritto di essere informati e di informare.

Non vorrei che, con la scusa del diritto all’oblio, solo i disonesti trovino un vantaggio, bisogna disciplinare meglio questo diritto in un mondo digitale, ancora giovane se paragonato ai due secoli di expertise legati all’uso dei giornali e della stampa analogica.

4) Molte persone (e aziende!) prendono immagini da Internet senza chiedere il permesso ai diretti proprietari e le ripubblicano come fossero proprie. Cosa si rischia in questi casi? Vale la pena nascondersi dietro a un “figurati se se ne accorgono”?

Le immagini hanno sempre un proprietario che possiede, tutti gli strumenti giuridici e tecnici, sia per disciplinarne l’uso in relazione alle licenze adottate sia per monitorare gli usi illeciti.

Nascondersi dietro un “figurati se se ne accorgono”, soprattutto se affermato da un’azienda, non solo è sbagliato perché non mostra etica commerciale, ma anche perché non porta rispetto per la proprietà altrui, attenzione per i propri clienti.

5) Quali consigli ti senti di darci per tutelare sia la nostra privacy che quella degli altri?

Semplifico sempre con l’uso combinato di queste due frasi: la prima: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”; la seconda ispirata a Jobs “Siate responsabili Siate consapevoli” questo è tutto ciò che serve per un uso corretto del meraviglio mondo del Web.

Autore Massimo Melica

Managing partner dello Studio legale Melica, Scandelin & Partners specializzato in diritto applicato alle nuove tecnologie

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